INTRODUZIONE
Viene affermato che la curiosità è la madre di tutte le conoscenze.
Orbene, per rimembrare cosa avveniva in paese intorno alla metà del secolo scorso, quando l'economia paesana riveniva dai prodotti agricoli, e come, specie nell'antico abitato, la Comunità mutava progressivamente sotto gli aspetti socio-economici, edilizi e religiosi, non possiamo che ricorrere all'esternazione dei ricordi personali.
Ragazzo di nove dieci anni, durante la campagna di raccolta delle olive, nelle giornate libere della scuola, seguivo i va-sts (i facchini del tempo), i quali con il traino condotto a braccia giravano per le strade del borgo cintato e no (che nel linguaggio parlato si chiamava a terr, fonema al quale scrittori locali hanno dato il significato di parte del paese, ma che corrisponde a La Terra, cioè al Paese e non a una parte di esso), residenza dei numerosi produttori di olive e di ogni genere di derrate agricole; osservavo con attenzione e sorpresa le dimore dalle quali si prelevavano detti prodotti, le cosiddette abitazioni a "treno", in fondo alle quali c'era la stalla per il quadrupede da tiro, le pecore, le capre, i conigli, le galline,e ove l'ambiente era pervaso dal profumo caratteristico della cagliata per ricavare il formaggio, la ricotta e il latticello (u-sierr) con i pezzettini di formaggio fresco (u-plous) e ricotta, del quale si andava alla ricerca come il non plus ultra della bontà casalinga.
Raggiunta la maggiore età, dopo aver conseguito la maturità scientifica e intrapreso la facoltà universitaria d'ingegneria, ho sempre cercato tutte le notizie sulla storia archeo-architettonica, civile-religiosa e caratteristica tipologica non solo del borgo natio, ma anche delle città e paesi italiani che avevo la fortuna di visitare. Leggevo testi d'ogni tipo e riviste specializzate, le quali accrescevano sempre più la mia incontenibile curiosità, linfa vitale, sostenuta anche dal presupposto scoutistico di osservare e studiare le parti più piccole ed insignificanti di un grande monumento d'arte e della natura che mi circondava.
Infatti, ho sempre impiegato i giorni di ferie, durante gli anni nei quali sono stato dirigente amministrativo di un ente pubblico locale, a girovagare in lungo e largo per l'Italia e paesi europei con il preciso intento di rendermi conto di persona di come realmente fossero le cose apprese dai libri e documenti antichi, per cercare in essi quanto volevo sapere e comprendere i perché.
Una volta giubilato dall'impiego, ho rivolto tutte le attenzioni alla storia patria del paese che che mi ha visto nascere e dove ho trascorso gran parte della mia lunga vita.
Memore delle parole del Tasso nell'Aminta: "Perduto è tutto il tempo che in Amor non si spende", sono tornato nel borgo cintato, in quei posti che ricordo con tanta emozione e amore, per riosservare e riscontrare da vecchio cosa fosse cambiato nell'arco di tempo di circa 70 anni.
Le emozioni provate da ragazzo e da giovane si sono tramutate in una amara presa di conoscenza della quasi totale scomparsa di ogni attività familiare e abbandono di numerosi edifici residenziali. Incredulo, mi sono guardato attorno ed ho pensato: questo è il prodotto della evoluzione globale, intendendo con ciò quel processo economico-culturale di rinnovamento e modernizzazione che ha fatto perdere il legame con i luoghi storici e le tradizioni del Passato (giustificabile fino ad un certo punto), tanto
che si potrebbe richiamare l'adagio nojano dimmi chi sono, non dirmi chi ero.
Dall'analisi diretta dei diversi siti edilizi, delle caratteristiche tipologiche stilistiche dell'architettura, sempre ricorrente, e con l'aiuto di carte topografiche d'epoca, ho preso atto che lo sviluppo edilizio nel passato è avvenuto a cerchi concentrici, intorno alla fabbrica matrice prima, al palazzo ducale poi. Per settimane intere ho percorso a piedi le strade e stradine, ottenendo in risposta che la morfologia del terreno ha favorito l'originaria nascita del piccolo nucleo abitativo, il pagus di Noja, e il perché sorse in quel sito e non in un altro.
Da sempre una comunità di persone, piccola o grande che sia, sceglie per l'insediamento la zona più alta del territorio, poiché l'acqua piovana insieme con le acque domestiche d'ogni genere, deve defluire verso la parte più bassa del sito. La più recente scoperta è quella dell'avanzo di una torre circolare che controllava chi usciva od entrava nel sito anche ai fini fiscali per coloro che venivano a vendere le loro mercanzie.
Il piccolo nucleo abitativo originario si denominò Noa, così sostengono tutti coloro che hanno scritto intorno a detto insediamento, ma nel tempo, dopo alcune varianti riscontrate in atti antichi (Noje, Nojae, Noha), si precisò in Noja (vedi Noicàttaro e Kotor, storia di un rapporto solo leggendario, Schena Editore, Fasano, 1997).
Accertato che la cosa primaria per una Comunità che si insedia ex novo è realizzare subito un luogo di culto, ove continuare gli insegnamenti degli avi e punto di riferimento ed incontri comunitari, questo collante potrebbe aver dato corso alla erezione di una cappella dedicata a Santa Maria della Pace, a causa della tranquillità ritrovata dopo la distruzione della località originaria (pp. 23-24 della toponomastica).
Dopo i lavori già pubblicati, ho cercato di comprendere appieno, alla luce di quanto appreso dagli atti antichi reperiti, le ragioni originarie dell'erezione del luogo di culto più insigne della mia amata Noja: la fabbrica parrocchiale della Madonna della Pace, e i perché delle più affascinanti (a volte incomprensibili) sue metamorfosi.
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