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  L'altare maggiore attuale con l'immagine della Madonna del Carmine  

 

   
  Altare maggiore. Particolare della raffigurazione marmorea del Monte Carmelo.

 

   
 
Croce in bronzo

 

   
 
Leggio

 

   
 
Ostensorio

 

   
  Oggetti per l'esercizio del culto
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Modifiche strutturali interne

Con la Nota n. 1877 del 15 luglio 1812, il Sindaco invia al Priore della Congrega della Chiesa del Carmine una comunicazione inerente l'accordata so-stituzione dell'antico altare di legno con uno in marmo, il cui tabernacolo, tutto-ra visibile, sarebbe stato scolpito dall'artista concittadino Stefano Ceo (1872):

Il Soprintendente ai Monumenti di Bari ha ottenuto dal superiore Ministero della Pubblica Istruzione l'autorizzazione che l'altare maggiore in legno esistente in codesta Chiesa del Carmine sia demolito e sia sostituito con altro altare in marmo…. Consiglierei sempre che, permettendole le condizioni del legname, non fosse distrutto, ma conservato in altra parte della chiesa.

Demolito l'altare di legno, subisce la stessa sorte il piccolo organo. Inoltre, ai rozzi dipinti che occupavano le pareti degli altari della navata, sono sovrap-poste tele più recenti.

Le altre modifiche riguardano in particolare gli interventi sulla struttura della fabbrica, che, nel 1936, presenta gravi problemi di staticità individuati dal sopralluogo effettuato dall'ing. Antonio Sforza, che chiede al Comune la chiu-sura immediata dell'edificio e propone la demolizione e ricostruzione delle volte del presbiterio e della navata [nota 7], stimando una spesa complessiva di Lire 86.550 [nota 8]. A seguito di questa richiesta, il Podestà ordina l'immediata chiusura della fabbrica, informando anche i responsabili della sicurezza pubblica.

L'Amministrazione Comunale, però, ha problemi per il reperimento dei fondi necessari, e allora cerca un contributo ministeriale, con la mediazione di influenti politici regionali, e nomina un'apposita commissione cittadina per rac-cogliere il contributo volontario della popolazione.

I responsabili della chiesa (Rettore e Congrega), preoccupati per il ritardo degli interventi e temendo per l'aggravamento della situazione, inviano al podestà Lorenzo Saponaro una Nota di protesta, di cui si riporta la parte più interessante:

L'O. P. (Opera pia = Congrega) non ha rendite sufficienti per far fronte alla spesa per l'esecuzione dei progettati lavori, che d'altra parte è impellente eseguirli per i bisogni di questa popolazione e per i motivi di sicurezza. Ciò stante Vi si chiede che, continuando l'opera di grande interessamento finora spiegata, prenderete in giusta considerazione la presente richiesta con quella sollecitudine che il caso richiede. N'anticipiamo i dovuti ringraziamenti.

Noicàttaro, lì 18 giugno 1938.
Il Rettore
Fto. Saverio can. Ditroilo.

Sollecitato da questa protesta, il Podestà adotta il seguente provvedi-mento [nota 9] :

1 - Contribuire all'esecuzione dei lavori in oggetto con la somma di Lire 30.000,00, da corrispondersi direttamente all'impresa, a rate annuali di Lire 6.000,00 cadauna, con l'interesse scalare del 6 per cento, durante il quinquennio 1939 – 1943.

2 - Affidarsi alla Confraternita di San Donato e Alberto, sotto la direzione dell'ing. Giacomo Deflorio, l'esecuzione dei lavori, con l'obbligo di completarli nel termine di tre mesi dalla consegna, lasciando al criterio di detto ingegnere l'esecuzione di quelli più urgenti per la pubblica incolumità.

3 - Riserbare i relativi stanziamenti passivi, nei bilanci ed esercizi finanziari dal 1939 al 1943.

Il Genio Civile non accetta gli atti progettuali allegati alla Delibera tra-smessa dalla Prefettura, poiché sono incompleti.

Nel frattempo il Soprintendente alle OO. d'Antichità e d'Arte della Puglia, Nello Tarchiani, richiama ufficialmente il Podestà Saponaro per il mancato invio degli atti progettuali e per la esecuzione non autorizzata dei lavori, contestan-dogli la violazione della Legge n. 364 del 1909 [nota 10].
Per quanto riguarda il secondo punto, il Podestà si difende col sostenere che i lavori in corso non sono stati ordinati dal Comune ma dagli Ammini-stratori della Congrega operante nella chiesa.
Intanto compare sulla scena l'ingegnere comunale Giacomo Deflorio, che redige il progetto d'eliminazione dell'instabilità della struttura.
Il Genio Civile, anche se la Prefettura, dopo una serratissima corrispon-denza con il Comune, approva con piccole modifiche la Delibera consiliare n. 84 del 18 giugno 1938, respinge quel progetto e, tramite la stessa Prefettura, invita nel proprio ufficio l'ing. Deflorio perché dia dei chiarimenti sugli atti presentati.
Intanto il Priore della Congrega, avendo notato sotto la volta delle crepe mai viste prima, avverte l'ingegnere, il quale, accertata la gravità della situazione, chiede l'intervento, improrogabile, dell'Amministrazione Comunale (4 ottobre 1940) perché ordini con immediatezza la chiusura del manufatto a garanzia della pubblica incolumità e di stabilizzare la volta nella sua parte centrale.
Informata della situazione, la regia Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie esprime così il suo parere favorevole:

Si consente la demolizione della volta a botte di codesta chiesa del Carmine, a condizione che vengano eseguite tutte le altre opere previste in progetto e rifatti fedelmente gli stucchi.

I lavori affidati in appalto all'impresa Giuseppe Garibaldi di Bari sono eseguiti nel 1943; e così nel 1945 il pittore Vito Laudadio (1906 – 1980), nostro concittadino, può, con raffigurazioni carmelitane, decorare le parti bianche della volta del presbiterio.
Risolto il problema della stabilità del manufatto, s'impone il recupero dello stile architettonico originario interno, più volte denunciato negli anni 1964-65 dal parroco don Francesco Cinquepalmi (1950-1975).
Ma è la decisa iniziativa del suo successore don Nicola Rotundo (1975-1993) ad ottenere l'intervento comunale in merito, mediante l'incarico affidato all'ing. Francesco Cinquepalmi, il cui progetto esecutivo (1985) prevede la spesa complessiva di circa un miliardo di Lire. La gara d'appalto vede aggiudicataria l'impresa I.C.E.S. di Bari, ma, nel corso dei lavori, emerge la necessità di redige-re una nuova perizia suppletiva che comporta una maggiorazione della spesa originaria. Ciò provoca un contrasto tra il Comune, il direttore dei lavori e la stessa impresa, la quale, non accettando la decurtazione fatta sull'importo aggiornato, chiede la rescissione contrattuale e coinvolge l'Amministrazione comunale in una vertenza giudiziaria che la vede pesantemente perdente.

Per completare i lavori bloccati da tale situazione, il parroco crea un comi-tato cittadino per racimolare fondi, e così nel giro di un anno, grazie anche al contributo del Comune la nuova impresa appaltatrice, l'I.C.E.I. di Bari, pone fine all'interminabile vicenda del manufatto.
Verso la fine del 2005, nel rimuovere le ante che chiudevano due grandi nicchie sulla parete di fondo della sagrestia, compaiono con grande sorpresa, sotto lo strato di calce, le immagini di San Donato, vescovo carmelitano, e di San Pietro Apostolo.
Raffigurazioni murarie di S.Donato (a sinistra) e S. Pietro Apostolo.

 

 

Note

7 Relazione dell'ing. Sforza, 30 marzo 1936.
8 Ibidem , 22 gennaio 1937.
9 Dispositivo della Delibera n. 84 del 18 giugno 1938.
10 Cfr La Gazzetta del Mezzogiorno del 30 giugno 1938.


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