APPENDICE
Ricordi personali della festa patronale legati alla fanciullezza (anni 1930)
La festa della Madonna del Carmine, organizzata e finanziata dall'Ammini-strazione Comunale [nota 11], aveva, come oggi, due momenti distinti: uno dedicato alla fiera commerciale, che si svolgeva nel giorno della ricorrenza liturgica, il 16 luglio, l'altro, di tre giorni, destinato ai festeggiamenti popolari, differiti alla domenica successiva quale giorno centrale.
La mattina del 16 luglio, nella strada chiamata u Lungo-m'-r (Lungomare) l'attuale Via Principe Umberto, appena aperta da Piazza Umberto I, dalla quale era possibile intravedere il mare della marina nostra (Torrepelosa), si svolgeva la fiera , dove si potevano acquistare oggetti domestici, strumenti agricoli e animali da tiro e da cortile.
Le celebrazioni liturgiche cominciavano la sera del sabato intorno alle 19 con il trasferimento in processione del simulacro antico della Madonna dalla chiesa del Carmine in Piazza Umberto I, per collocarlo al centro di un caratteristico altare installato all'inizio di via Chiesa Madre. Il rientro avveniva la sera del lunedì successivo, a chiusura dei festeggiamenti.
La domenica della festa, la giornata era aperta (ore 7) dallo scoppio d'alcune diane . Alle ore 8, una delle bande musicali ospiti, guidata da un membro del Comitato organizzatore, girava per qualche ora per le strade del paese, segue-ndo un percorso prefissato, e concludeva il suo intervento con le ultime marcet-te sinfoniche eseguite all'inizio di via Carmine.
Poi, intorno alle 13, tutti a casa dei nonni o parenti più stretti per il pranzo tradizionale davanti ad una tavola ben imbandita con quanto le nonne e le mamme avevano preparato. S'iniziava con antipasti casalinghi. Il primo piatto era un'abbuffata d'orecchiette fatte dalla nonna, condite con il sugo di coniglio al ragù. Il secondo era costituito da conigli e galli al ragù o al forno, che si mordevano con molto gusto. Il tutto era innaffiato da più bicchieri di buon Aleatico (vino locale d'ottima qualità). Non mancavano, infine, l'ottima insalata e frutta d'ogni specie, fresca e secca.
Finito il pranzo, le donne lavavano e mettevano a posto le stoviglie, mentre i papà e gli anziani smaltivano l'effetto dell'ottimo vino con la pennichella.
Verso il tramonto, tra un'apoteosi di luci e di colori si svolgeva per le vie cittadine la processione del simulacro nuovo della Santa Patrona, preceduto da quello di S. Elia con il simbolo di profeta nella mano destra, una spada dalla punta infuocata, spauracchio per noi ragazzi, minacciati di veder bruciata la propria lingua ogni qualvolta pronunziavamo parolacce.
Giunta la processione in Piazza Umberto I, il Podestà, che per la formalità indossava la fascia tricolore, legava le Chiavi del paese al braccio destro del Simulacro con un nastro, in segno di patronato, mentre sulla cassa armonica la banda suonava una marcetta d'occasione.
I giovani innamorati seguivano la processione, poiché era l'unica occasione possibile, a quei tempi, di incontrarsi e scambiarsi qualche parola e gesto d'a-more.
Al rientro della sacra Immagine in chiesa (ore 22 circa), si accendeva tutta l'illuminazione allestita dall'impresa locale Rocco Pignataro lungo Via Carmine ed in Piazza Umberto I, dando così inizio al programma popolare dei festeg-giamenti, che terminavano verso le 4 del mattino seguente.L'illuminazione era costituita da artistiche volute di tavola su cui erano fissati tantissimi lumi di vetro multicolori a forma di calice, i quali erano alimentati con gas acetilenico. Ricordo Carluccio, un operaio della ditta Pignataro, il quale, sebbene piccolo di statura, come un ragno, raggiungeva mediante una scala i lumi posti più in alto per accendere il gas erogato da gasometri sistemati strategicamente. Con l'arrivo della corrente elettrica nel 1931, l'illuminazione non fu più a gas.
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A destra: il girocavallo degli anni '30. A sinistra: il girocavallo moderno (zoo safari, Fasano). |
Per il divertimento popolare, venivano in paese le giostre. La più comune e attraente per giovani e bambini era il girocavallo , del tutto simile a quello moderno, che si piazzava in Via Principe Umberto. Si pagava mezza Lira a corsa, formata da dieci giri. Chi durante questi giri riusciva a far esplodere con un punteruolo una particolare capsula pirica, guadagnava una corsa gratis.
Sul marciapiede del vecchio palazzo municipale, in Via Console Positano, si sistemavano il tiro a segno ed il bazar (tavola con chiodi).
Il tiro a segno e il bazaar |
In piazza, invece, la festa era animata dalle migliori bande musicali, molto apprezzate, che attiravano gli amanti della musica lirica anche dai paesi limitrofi. I nonni, non potendo stare in piedi per molto tempo, si portavano da casa la sedia, mentre le nonne si portavano dietro anche un ventaglio per lenire il caldo estivo. Era il periodo del solleone.
Ricordo che un anno, alla fine dell'esecuzione del Preludio della Traviata di Giuseppe Verdi da parte della banda di Squinzano, diretta dal maestro Ligonzo, uno dei presenti, di chiara origine capursese, soddisfatto della superba esecuzione, gridò: «È un ricamo !» . Ed un suo compaesano ribattè: «È un merletto! ».
Con l'accensione dell'illuminazione aveva inizio anche lo struscio : lungo via Carmine si formavano due corridoi di persone (soprattutto giovani e giovinette), che passeggiavano nei sensi opposti dalla chiesa alla piazza, tutti in abito da festa confezionato per la circostanza. Per i fidanzati era uno dei pochi momenti che li affrancava dal solito controllo dell' Angelo custode , il ragazzino o ragazzina di turno che poteva fare il ruffiano presso i genitori sul loro comportamento.
Via Carmine era anche un pullulare di postazioni di giochi da tavolo degli zaràff , gente truffaldina che, con l'aiuto di compari, spillava spiccioli ai ragazzi che li avevano.Non mancavano naturalmente le leccornie, in particolare il gelato, che si po-teva gustare nelle sue specialità (spumoni e cremolate) al centro della piazza, servito su tavolini predisposti dal vicino caffè di Giacomo Castore, il più impor-tante del paese. All'inizio di Via S. Elia, invece, all'angolo con via Carmine, si appostava una gelateria artigianale ambulante, che ogni volta che approntava un nuovo tipo di gelato, richiamava gli struscianti con il suono di una sirena.
In un'altra postazione, all'inizio di via Carmine, c'era il bancone di un certo Pallambrònt , dal quale si potevano acquistare coloratissimi bon bon di zucchero appena sfornati, orzata, fresche gassose e tritati di ghiaccio (la granita dell'epoca) ottenuti con la grattamariànn (sagoma trita-ghiaccio manuale) e insaporiti con varie essenze liquorose dai colori specifici. Più in là, qualche venditore di palloncini gonfiati dallo stesso con la bocca, che costa-vano un patrimonio. E poi ancora i venditori di frutta secca (le nocelline più grosse con la punta bianca avevano un costo maggiore perché di migliore qualità) con la merce esposta su di un carretto mobile, alla luce di una piccola lampada ad acetilene.
Tutte le varie attrattive proprie di una festa popolare: la 'grattamarianna' , il venditore di palloncini, il nocellaio |
Verso le 3 di notte, par la gioia degli anziani, c'era la gara tra le bande per l'esecuzione del migliore canzoniere ( canzoni e ballabili più noti del repertorio nazionale e internazionale), in cui s'inseriva la bassa musica locale diretta da Giuseppe Didonna (detto Peppino il fornaio), che spesso vinceva. La gara terminava con lo scoppio in aria di una bomba-carta, cui seguiva l'incendio delle batterie sistemate non lontano dalla piazza.
Finito l'incendio dei fuochi pirici, sentivo i nonni e gli adulti passarsi l'augurio: Chiù maggiàor a u'ann c vàen ! (Meglio ancora all'anno che viene!).
Note
10 Il finanziamento derivava in parte dall'erario comunale, in parte (la quota maggiore) dal balzello dalle 10 alle 20 Lire al kg, autorizzato dalle Autorità provinciali, imposto su quasi tutti gli alimentari; inoltre, chi possedeva un traino, si vedeva maggiorata la quota della tassa di circolazione. Dall'inizio del mese di maggio, ogni giorno, da mattina a sera inoltrata, alcuni incaricati dal Comune erano a disposizione in piazza Umberto I, all'aperto, davanti a un tavolino sistemato presso la vecchia sede della Polizia Urbana, per esigere la somma prevista segnata sul Registro dei contribuenti, i quali si presentavano spontaneamente o dopo invito personale.
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