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  Prospettiva della fabbrica elaborata dall'arch. Vito Ardito  

 

   
  La chiesa della Madonna del Carmine in una vecchia foto

 

 

 

CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE

Note storiche circa l'erezione della fabbrica

Nella copertina del presente volume è stata data la centralità alla fabbrica della Madonna del Carmine (qui è conservato il simulacro della Vergine del Carmelo, Patrona del paese dal 1742, sede parrocchiale dal 6 gennaio 1949, seconda per storia e per importanza dopo la Chiesa Madre.

La sua costruzione, iniziata con l'insediamento dei Carmelitani Calzati (3 maggio 1583) [nota 1], è completata molti anni dopo con il definitivo inglobamento delle antiche cappelle di S. Rocco e di S. Sebastiano, trasformate in sagrestia, le quali sorgevano extra moenia (fuori della cinta muraria che racchiudeva il borgo medievale) sulla Via per Mola di Bari, l'una accanto all'altra.

Nel verbale della visita pastorale dell'arcivescovo di Bari Antonio Pùteo fatta dal 4 all'8 dicembre del 1570, c'è un riferimento alla cappella di S. Sebastiano, con un richiamo al Rettore di…

…farci le porte, et in lo altar maggiore depinger l'immagine de S.to Sebastiano et lo esortamo ad inchianolar (mettere sotto chiave) e inastricar (pavimentare) la ditta chiesa.

Con la venuta dei Carmelitani, favorita e voluta dalla marchesa di Capurso Isabella Pappacoda [nota 2], che all'epoca possedeva il feudo privato di Noja, sorge la necessità di ampliare le due cappelle, dove già si svolgeva il culto in maniera provvisoria, e di chiederne, quindi, l'autorizzazione papale. La mar-chesa, con la sua autorevolezza, facendosi portavoce dei religiosi carmelitani, del Balì e dei fedeli del rione, fa una richiesta ufficiale al papa Gregorio XIII, affinché con la sua autorità apostolica siano soppressi, meglio estinti il nome, la denominazione, il titolo, lo stato, la natura e l'essenza del Beneficio laicale sotto il titolo di S. Rocco [nota 3] e che l'omonima cappella sia concessa e assegnata in perpetuo all'Ordine carmelitano con tutto il terreno circostante di circa 100 passi , pari a 296 mq.

Avuta l'autorizzazione papale con la Bolla Ad perpetuam rei memoriam del 1 novembre 1584 , i Carmelitani possono procedere all'erezione della nuova chie-sa, partendo dall'ampliamento e incorporamento delle due cappelle, come più tardi è rilevato nel verbale della visita pastorale fatta nel 1593 dall'arcivescovo Giulio Cesare Riccardi, dove, a proposito della cappella di S. Rocco, si dice che ...

sta unita et incorporata nella chiesa di S.ta Maria del Carme fuora di Noya .

Così anche dell'altro manufatto:

La cappella di S.to Sebastiano fuora le mura di Noya, annessa al Beneficio di santo Rocco, incorporata come di sopra, et unita nella chiesa di S.ta Maria del Carme, senza intrata, et senza peso [nota 4], Rettore il predetto Abate Giulio Cesare de la Penna, stà aperta, et sfornita di tutto il necessario.

I Carmelitani, per far fronte alle ingenti spese per l'erezione della nuova chiesa, pensano bene di costruire un ipogeo pubblico per la sepoltura dei morti e di celebrare i funerali, ma entrano presto in contrasto con il Capitolo della Chiesa Madre per ovvie ragioni di lucro e di prestigio .

Nelle foto in alto: l'ipogeo costruito dai Carmelitani con accesso dalla torre campanaria

 

Venuta a mancare nel 1601 la marchesa Pappacoda, si presume che al completamento del nuovo manufatto sacro abbiano contribuito sia i Carafa (per donna Isabella) che i Lannoya (o Noya), casati feudali imparentati, il cui emblema comune è riprodotto sugli architravi delle porte d'accesso dal presbi-terio alla sagrestia.

Nel 1631 la chiesa è aperta al pubblico, pur non essendo ancora stata completata (ciò si evince dai documenti attinenti, conservati presso l'archivio Storico della Curia Arcivescovile di Bari), tanto è vero che il 28 giugno 1635 il Procuratore del convento annesso alla chiesa, fra Antonio Giardinelli, espone al Generale dell'Ordine la sua preoccupazione circa il rischio che la chiesa resti incompleta, nonostante gli sforzi profusi e i buoni propositi.

La nuova fabbrica è completata definitivamente nel 1668 e nel 1675 è corredata di un bellissimo campanile barocco, più alto di quello della Chiesa Madre, a tutti noto come a Cèim d Nào (la Cima di Noja).

L'artistico portone d'ingresso (si può ammirare tuttora), ottimo lavoro d'ebanisteria, è probabilmente installato nel 1704, anno inciso sulla parte supe-riore delle ante e casualmente coincidente con quello della nomina ad Arciprete della Chiesa Madre, unica parrocchia del paese, del Canonico don Giuseppe Carlo Saraceno.

La consacrazione del manufatto e dell'altare maggiore ligneo, sistemato nel 1648, avvengono il 9 luglio del 1758.Nella foto a destra è possibile visionare un'attestazione della consacrazione della chiesa e dell'altare maggiore.

Qualche anno più tardi, nel 1765, per l'animazione delle funzioni religiose, è acquistato un piccolo organo dalla ditta Giuseppe Rubino di Acquaviva delle Fonti.

Il sacro edificio, per il suo valore storico e artistico, nel 1818 è dichiarato Monumento Nazionale dalla competente Intendenza, ma perde tale titolo nel 1932.

Note

1 La data si riferisce al riconoscimento giuridico della prima Comunità (4 sacerdoti e 2 frati laici) avvenuto con Atto pubblico rogato dal notaio Francesco Cappelli.

2 La marchesa Isabella Pappacoda, di Gianlorenzo e di Caterina Mendoza, era nata a Bari 1l 25 febbraio 1565.Acquisì il titolo di duchessa nel 1592, sposando il duca Pompeo I Carafa del V ramo dei Carafa detto della Stadera, e così il feudo di Noja portato in dote divenne ducato. Morì all'età di 36 anni e fu seppellita nella Cattedrale di Bari. La marchesa, che aveva una particolare predilezione per la Vergine del Carmelo, era convinta che, per instaurare il suo culto in Noja, fosse necessaria la presenza di una Comunità di religiosi carmelitani, la cui dottrina e vita esemplare avrebbero potuto arrecare innumerevoli benefici spirituali non solo ai nojani ma anche ai cristiani dei paesi vicini. Per questo si era rivolta all'illustrissimo Generale dell'Ordine, impegnandosi ad assegnare ai religiosi inviati un reddito annuo di 100 ducati e l'alloggio provvisorio in locali adiacenti alla malridotta cappella di S. Rocco. Al parere favorevole del Generale si aggiunge anche l'autorizzazione dell'arcivescovo Pùteo.

3 Esiste traccia di un documento, in cui si accenna all'esistenza nel Cinquecento di detto Beneficio affidato al canonico don Marco Madonna.

4 Il peso costituiva gli impegni cui doveva attenersi il Beneficiario: celebrare messe in suffragio del testatore del Beneficio e dei suoi parenti più stretti, provvedere ai poveri, ecc.


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