Ad Majorem Dei Gloriam
PREMESSA
Questo lavoro, come indicato nel titolo, attiene le vicende che hanno accompagnato l'erezione delle piccole e grandi fabbriche del culto tuttora pre-senti sul nostro territorio, ma un tempo erette al di fuori della cinta muraria che chiudeva l'agglomerato urbano medievale, e per questo definite extra moenia (fuori le mura). Esso è nato dalla paziente lettura di documenti cartacei inediti e, con l'aiuto d'esperti, dall'osservazione diretta delle caratteristiche architet-toniche dei manufatti sacri.
Notizie preziose sulla loro esistenza e denominazione provengono essen-zialmente dalle prime visite pastorali post-tridentine degli arcivescovi di Bari. Quelle sull'arredo interno, invece, derivano in gran parte dagli inventari del 9 gennaio 1811, del 25 settembre 1843 e del 10 marzo 1863 redatti da un Comitato comunale istituito per l'occasione. Gli inventari erano stati richiesti ufficialmente dalle Soprintendenze alle Opere d'Arte competenti per territorio su disposizione del Governo del Regno di Napoli, prima, e di quello dell'Italia Unita, dopo, al fine di conoscere l'intero patrimonio artistico e monumentale presente in tutte le chiese italiane. Ad ogni Comune erano stati inviati dei moduli e prospetti da compilare con domande predisposte cui rispondere. In particolare, con quelli del 1843 e del 1863, oltre all'aggiornamento dell'arredo interno già presentato nel 1811, si chiedevano informazioni sulla condizione materiale degli edifici sacri, la denominazione e titolo, l'ubicazione, se parrocchia o no, se provenienti da Ente Morale soppresso, da chi erano officiati, quale era in media il numero dei fedeli partecipanti alle funzioni religiose; inoltre si doveva apporre il sigillo dell'Amministrazione Comunale su tutte le opere inventariate dal Comitato composto dal Sindaco, dal Cancelliere e da un perito d'arte, e consegnarle all'Autorità ecclesiale che officiava nel manufatto, previa firma da parte di tutti su quattro copie del modulo-inventario.
La mia incontenibile curiosità mi ha aiutato a comprendere in parte, sciogliendo il contenuto d'atti criptati, alcune questioni ancora irrisolte circa l'erezione di un altare o di una cappella in un sito e non in altro, il motivo della dedica ad un certo Santo, il nome del committente (in genere una persona o famiglia facoltosa) e le ragioni che lo hanno spinto a sopportare grandi spese, la persona incaricata all'esercizio del culto e alla manutenzione della fabbrica, grande o piccola che fosse. Per questo è stato abbastanza traumatico l'impatto con i termini giuridici connessi alla proprietà, con i quali sono titolati i documenti cartacei: Beneficio Laicale Padronato, Legato, Lascito, Donazione, ai quali sono legati i nomi di quei personaggi che decisero la nascita delle nostre fabbriche del culto.
Nel basso Medioevo era consuetudine dei casati nobiliari e delle famiglie facoltose designare come proprio rappresentante un Filarco (alla lettera, Capo tribù) il quale, attraverso la forma giuridica prescelta (Lascito, Beneficio…, ecc), poteva assegnare una rendita (frutto riveniente da moneta o terreni messi a disposizione), adeguata in base alla dignità, ad un discendente consacrato en-trato a far parte della Collegiata capitolare della maggiore chiesa locale. A sua volta, il beneficiario designato doveva utilizzare la rendita per la celebrazione di messe lette o cantate, dal numero di una a settimana ad una al giorno, in suffragio del testatore nonché fondatore legale del Beneficio e dei suoi parenti più prossimi; inoltre, era ritenuto responsabile della manutenzione dell'altare assegnato per la celebrazione delle messe e doveva anche provvedere al sosten-tamento dei poveri.
Nel ricostruire la storia dei manufatti, ho dovuto purtroppo constatare che gran parte di essi, pur sottoposti all'inevitabile e naturale deterioramento nel tempo, spesso non sono sfuggiti alle manipolazioni arbitrarie degli amanti dell'anacronistico annullamento del Passato.
Noicàttaro, 24 settembre 2005
GIACOMO 7'ANNI
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