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Croce lapidea
 




 

 

Struttura della chiesetta

Nelle Costituzioni dell'Ordine Francescano del 1609 si stabilì che il sepolcro per i Frati morti nel proprio convento sia contiguo o vicino alla chiesa. In quelle del 1631, si previde la concessione della sepoltura anche ai laici [nota 6].

Quando i Terziari oltre vent'anni fa, sistemarono una parte del terreno all'esterno, proprio a ridosso della cappella di S. Francesco e della croce lapidea, affiorarono opere murarie che denotarono appunto esservi una piccola cripta cimiteriale [nota 7], subito occultata con calcestruzzo. Tutto taciuto!!!

Note

6 Cfr. Lexicon Capuccinium, Promptuarium historico-bibliographicum Ordinis Fratruum Minorum Capuccinorum, 1525-1950, Roma 1951, alla voce "Sepoltura", colI. 1579-1580.
La costumanza di seppellire laici nelle chiese cappuccine, decisa dalle Costituzioni dell'Ordine, ne prevedeva la concessione da parte dei Superiori su richiesta di alcune famiglie di benefattori facoltosi. Tale concessione, però, fu revocata dalla stessa Congregazione il 27 settembre del 1680 e riconcessa il 17 dicembre 1703. Nel 1732 fu confermata la licenza, previa autorizzazione scritta del Ministro Generale. Quest'ultima decisione ebbe valore sino al 1769. Infine, nel 1813, un decreto di Gioacchino Murat ordinò che, per motivi igienici e sanitari, non si seppellissero più nelle chiese sia frati che laici.
7 Nell'ipogeo, secondo lo storico locale Pasquale Pinto (cfr. articolo riportato nel 1925 sul giornale locale "Il Crivello", ripreso da Sebastiano Tagarelli sul bollettino de "La Madonna della Lama" del gennaio 1975), sarebbero stati depositati i resti mortali degli antenati del duca Carlo Carafa I e dei germani Antonio ed Alfonso, di unarciprete famoso non identificato, di Vito Grazio Antonelli (1746), noto produttore ed esportatore di tessuti locali richiesti in tutta Europa, ed infine, forse, quelli del duca Giovanni lII Carafa, nato a Noja nel 1765 e morto giovanissimo a Napoli nel 1786, grande mecenate, espertissimo in materia edilizia (costruzione di ponti, castelli, progetti di piani regolatori), nonché il più benemerito figlio della nostra terra per aver portato oltre i confini del regno, col suo, il nome di Noja.


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