Capitolo secondo
INDAGINE SUI BENI PATRIMONIALI
DEL COMUNE
Il 1929 si chiude con una lunga relazione dell'ing. Giovanni NOTA,
volta ad accertare il Demanio Universale ed ex Feudale sito
nella località di Torre Pelosa, su richiesta del Commissario
Regionale di Bari per la liquidazione degli Usi Civili nelle Provincie
di Puglia e Basilicata:
«Ill.mo sig. Commissario per gli Usi Civili - Bari.
In espletamento
dell'onorevole incarico affidatomi da codesto spettabile Commissariato
di "identificare il Demanio Universale o ex Feudale sito nella
località suindicata (Pelosa o La Pelosa o Torre Pelosa) stabilendo
l'estensione e gli attuali detentori, precisando gli usi cui era gravato".
Per quanto riguarda il Comune di Noicàttaro tengo a riferire
quanto segue: da un primo studio sommario di tutti gli atti esistenti
presso l'Archivio Provinciale riscontrai che si parlava di usurpazione
di tale ANTONELLI nonché di un certo LATERZA, per cui credetti
opportuno ricopiare tutti gli atti; affinché lo sforzo fisico
di leggere su scritti antiquati non attenuasse lo sforzo mentale della
ricerca, suddivisi tali ricerche nel tempo, rispettivamente:
Maggio 1810 - Maggio 1812 - 1860 ; 1860 ad oggi.
Maggio 1810 - Maggio 1812
Tre capi di gravame il Comune di Noicàttaro produsse contro
il suo ex Feudatario:
1° - Che il Comune sia condannato alla restituzione di tutto l'indebito
esatto per causa di un asserto capitale di ducati tredicimila.
2° - Che il Comune ed in particolare i suoi cittadini siano discaricati
dal pagamento della somma residuale di questo preteso credito e delle
sue dipendenze.
3° - Che il Feudatario paghi infine la bonatenenza.
La spettabile Commissione Feudale, dopo ampie osservazioni ritenne
esservi da parte del Feudatario debiti e crediti tra lui ed il Comune
e diede incarico per la liquidazione al razionale[amministratore statale]
Girolamo CATALANO, ordinando a quest'ultimo ancora nel fare il rapporto
della liquidazione in ciò che è relativo al prodotto
dei ceppi feudali, ho cercato di chiarire e precisare a cosa si volesse
riferire questa denominazione generica di "Corpi Feudali"
ed ho potuto stabilire, sia dal verbale del Decurionato di Noicàttaro
riunitosi il 28 luglio 1811 per dare i lumi chiesti al razionale Catalano,
perché potesse procedere speditamente nella suddetta liquidazione,
e sia da una lettera scritta dall'ex Barone (quale?) all'Intendente
della Provincia riguardante sempre la suddetta liquidazione affidata
al Catalano, dicevo, ho potuto stabilire che i "Corpi Feudali"
erano trappeti e molini appartenenti all'ex Feudatario.
Dai due suddetti documenti si rileva chiaramente che la Masseria
Gallinaro era proprietà privata dell'ex Barone NOYA .
Nulla che possa interessarci si rileva dalla lunga e varia corrispondenza
interceduta, perché la liquidazione affidata al Catalano fosse
speditamente effettuata.
Dal 1838 - 1860
L'attenzione del sottoscritto, in cerca di eventuali Demani Comunali
attraverso i documenti esistenti presso l'Archivio Provinciale, venne
fermata su ordinanza del 31 agosto 1850 redatta dall'Intendente Ajossa,
che stabiliva perizia per la dissodazione di 31 moggi di terreno incolto
di proprietà del Comune sito nel luogo detto Torre Pelosa,
dissodazione effettuata da Annibale ANTONELLI (da informazioni assunte
dal locale tecnico catastale risulta che l'unità di superficie
usata nel Comune di Noicàttaro fino al 1860 fu il moggio =
700 mq.; dopo il 1860 venne usato il vignale di mq. 700; in conclusione,
tenendo quest'ultimo in conto i 31 moggi risultano uguali ad ettari
2,71).
In seguito e precisamente nel 1855 il sig. Nicola LATERZA da Putignano,
con decisione del Consiglio d'Intendenza fu condannato a rilasciare
a pro del Comune uno spezzone di terreno sito alla Contrada Torre
Pelosa. Non si riesce a comprendere se questo spezzone di terreno
usurpato dal LATERZA sia quello stesso che prima deteneva l'ANTONELLI.
In ogni modo, qualunque sia la realtà dei fatti, è interessante
per noi osservare che l'operazione di reintegra iniziata contro il
Laterza venne sospesa, poiché trattavasi di Demanio Regio e
non Comunale; nel caso contestato al Laterza, è da ritenersi
che tutta la contrada Torre Pelosa fosse Demanio Regio.
DAL 1862 AD OGGI
Dal 1862 fino
ad oggi il Comune di Noicàttaro ha fatto sempre dichiarazioni
di non possedere terreni demaniali.
In conclusione:
per quanto riguarda il Comune di Noicàttaro, dallo studio effettuato
presso l'Archivio Provinciale, non è emerso nessun elemento
che possa precisare o far pensare ad eventuali demani nel suddetto
Comune e né credo utile proseguire le ricerche presso l'Archivio
di Stato.
L'Ispettore
F.to Ing. NOTA GIOVANNI ».
Con una conclusione un po' troppo superficiale, l'ing. NOTA liquida
la questione, senza aver minimamente consultato l'Archivio Comunale
di Noicàttaro, dove, dagli atti relativi all'Inventario Beni
Immobili Patrimoniali (voce: Terreni), redatto in data 10 febbraio
1894, si evince proprio il contrario delle sue affermazioni.
Sembra evidente la confusione tra Patrimonio comunale e Demanio
comunale, tale da ritenerli (forse) la stessa cosa; per cui, nel cercare
notizie sul Demanio, egli aveva riscontrato che il Comune di
Noicàttaro aveva sempre dichiarato di non possederne. ( vedi
Appendice documenti nn. 1 - 2).
Completamente fuori luogo, inoltre, ci risulta la citazione del barone
NOYA, che quasi certamente ha scambiato con il feudatario di Noja
per eccellenza, cioè il casato dei duchi Carafa, del ramo della
"Stadera" (1592 - 1806).
Il barone Francesco NOYA (con lettera" Y" e non "J",
come è nell'antico toponimo di Noicàttaro), di origine
fiamminga, giammai ebbe rapporti con la Comunità di Noja.
Dalle Fiandre, a mezzo di un suo ambasciatore, si era aggiudicato
per 61.000 ducati nel 1744 il feudo di Bitetto, venduto poi all'asta
dal Governo del Regno di Napoli a causa della persistente insolvenza
fiscale dal 1696 al 1731 del feudatario Donato Tiberi,(*) marchese
di Mesagne.
Il feudo di Bitetto comprendeva Binetto, Carbonara, Mesagne e Erchie.
Successivamente il barone NOYA estese il suo patrimonio terriero acquistando
zone di terreno in Cellamare, Rutigliano, Noicàttaro e Mola
di Bari, dove si stabilirono definitivamente i suoi eredi.
(*) Cfr. A. S. Napoli, Registro sei crediti dovuti dalle provincie
napoletane.