LA SETTIMANA SANTA
Fino alla metà degli anni '50, cioè sino a quando don Servidio
è stato arciprete e parroco di Noicàttaro, il calendario dei riti
in chiesa Madre e delle manifestazioni esterne della Settimana Santa
seguiva ancora la vecchia tradizione, diversa da quella attuale, la
quale è stata rinnovata e purificata, con l'avvento del Concilio Vaticano
II (1962 - 1965), da elementi liturgici o paraliturgici e pietistico
- devozionali, che appesantivano le celebrazioni.
La prima grande disposizione arcivescovile, che rendeva obbligatorio
il trasferimento della funzione pasquale dal mattino alla sera del
Sabato Santo, venne, nel 1953 [7],
ciò modificò a mano a mano negli anni successivi, per un necessario
quanto opportuno adeguamento ai tempi scanditi dai rinnovati cerimoniali
liturgici, il calendario delle processioni cittadine e delle relative
usanze popolari.
La solenne celebrazione delle Quarant'ore terminava con il tradizionale
canto popolare di riposizione, molto suggestivo e toccante, tutto
vivo, intitolato "Già si rinserra". Con le Quarant'ore in Chiesa Madre,
il giorno delle Palme, si chiudeva il lungo periodo quaresimale e
si apriva quello della Settimana Santa.
Nella Domenica delle Palme era usanza che - qualcuno ancora lo fa
- le palme da offrire alle fidanzate da parte dei fidanzati venissero
portate in Chiesa Madre per essere benedette durante la messa solenne
delle ore 10. Indi il fidanzato, con la propria mamma, si recava a
casa della fidanzata per presentarla come regalo ed in segno di pace.
All'epoca dette palme erano fatte di fiori di latta smaltata e confetti.

Quasi sempre tra i componenti il Clero capitolare si sviluppava
una specie di gara per accaparrarsi la palma migliore e fare bella
figura durante la processione dalla Chiesa Madre alla Piazza cittadina
e ritorno. Comunque alla fine, tra l'ilarità degli stessi Canonici,
la vistosa veniva offerta all'Arciprete. Dopo la messa mattutina del
Mercoledì Santo, si metteva Gesù carcerato nel tabernacolo dell'altare
del cappellone del Sacro Cuore. [8]
Il mattino dopo, Giovedì Santo, terminata la messa dell'ultima cena,
si riportava pocessionalmente "Gesù" dall'altare maggiore al Sepolcro
preparato nel cappellone del Sacro Cuore, mentre il cantore Sabino
Pagliarulo eseguiva il "Sepulto Domino", testo liturgico musicato
dal nostro concittadino Vito Moncelli fu Francesco [9],
come si evince da una delibera del Consiglio Comunale di fine '800.
Dopo di che si "legavano" le campane ed in loro sostituzione si usava
la battola, chiamata in gergo Trikk' e ttrakk' (vedi foto) Nella stessa
mattinata, intorno alle ore 11, partiva dalla chiesa della Madonna
della Lama la "prima croce", (il primo crocifero) che apriva ufficialmente
la pia visita ai Sepolcri nelle diverse chiese locali da parte dei
Crociferi penitenti.[10]
Alle ore 20, dalla stessa chiesa, partiva la processione della Naca,
che si conduceva dopo più di tre ore in chiesa Madre. Da quest'ultima
a distanza di poche ore, nella notte tra Giovedì e Venerdì Santo,
intorno alle ore 3, prendeva l'avvio la processione dell'Addolorata
che, prima di far ritorno alla medesima verso le ore 7 - e comunque,
sempre entro le ore 8 - toccava nell'ordine le seguenti chiese: Carmine
- Annunziata - Cappuccini - Immacolata - breve sosta in piazza Umberto
I.
Si svolgeva secondo l'atavica costumanza nel silenzio più intimo,
rotto soltanto dallo strisciare sul setto stradale delle catenelle
dei Crociferi penitenti e dai canti di circostanza sommessamente eseguiti
dalle Figlie di Maria. Oggi gli altoparlanti stridono fortemente e
quasi stravolgono il silenzio devozionale. Quando tutto andava per
il meglio, la processione toccava in successione la chiesa del Carmine,
quella detta dei "Cappuccini", quella della Annunziata, e, dopo essere
entrata nella chiesa dell'Immacolata, procedeva lungo Via Garibaldi
(ora Corso Roma) fino all'altezza di Via Bovio. Indi faceva inversione
di marcia per rientrare in chiesa Madre. Don Lioce ogni anno, alla
fine della riunione con la dirigenza delle Madri cristiane, Figlie
di Maria e comitato cittadino, era solito chiudere il suo intervento
con lo scaramantico auspicio: "Speriamo che piova !" Detta frase era
divenuta così consuetudinaria che i partecipanti alla riunione, quando
si rendevano conto che don Lioce stava per dire le ultime parole di
rito, lo anticipavano in coro: "don Giacomo speriamo che piova!",
e giù tutti a ridere compiaciuti.
Alle ore 10 circa del Venerdì Santo partiva dalla chiesa della Madonna
della Lama la lunga processione dei Misteri. Prima di girare per le
strade del paese si andava in chiesa Madre a prelevare la Naca per
fermarsi in Piazza dove veniva tenuta una grande predica sul dolore
(foto). La processione terminava molto disordinatamente nelle prime
ore del pomeriggio tra le16 e le 17[11].
Il Sabato Santo mattina, dopo l'arrivo degli "oli Santi" da Bari,
dove in cattedrale, l'Arcivescovo li aveva consacrati e ove si era
espressamente recato un Canonico della nostra chiesa Matrice per prelevarli
[12] , cominciava in
chiesa Madre la funzione pasquale secondo l'antico rito, durante la
quale i Canonici del Capitolo leggevano a turno le letture bibliche
vetero - testamentarie.
Note
[7] Cfr.
"L'Odegitria" Bollettino ecclesiastico ufficiale per l'Archidiocesi
di Bari, XXIX, 1953/3 - 4, p. 12. Il ripristino della veglia pasquale
venne comunque definitivamente fissato dalla Sacra Congregazione dei
Riti con Decreto Generale del 16 novembre 1955.
[8] L'ostia
consacrata, simbolicamente avvolta in nastrini di seta colorati, significava
la cattura di Gesù nell'orto degli ulivi dopo l'ultima cena.
[9] Vito
Moncelli era maresciallo, che faceva parte della banda musicale del
Presidio Militare dell'esercito in Bari.
[10] Il
tradizionale percorso era il seguente: Chiesa dell'Immacolata - Chiesa
madre - chiesa del Soccorso - Piazza del mercato (ora Piazza Umberto
I) davanti al "Calvario": altarino della Deposizione allestito dalla
Confraternita della passione e morte di Gesù Cristo nella Lama - Carmine
- Annunziata - Cappuccini - Chiesa della Madonna della Lama. Dalla
chiesa dei Cappuccini alla Lama si seguiva un percorso rurale costeggiante
la stazione ferroviaria , lungo il quale spesso i Crociferi, depositata
la Croce, si cibavano di lattughe coltivate negli orti limitrofi.
Bei crociferi penitenti, quelli!.
[11] Durante
il tradizionale percorso, c'era la solita sosta in Piazza Umberto
I intorno alle ore 12 per la predica della Passione, di ritorno dalla
chiesa Madre , donde era stata prelevata la Naca, ivi portata in processione
la sera prima.
[12] Il
Canonico don Vito Sisto era l'incaricato, che si recava nella cattedrale
di Bari con una macchina presa appositamente a noleggio, donde prelevava
gli "oli" appena consacrati dall'Arcivescovo.