QUELLA NOTTE TRA IL GIOVEDI'
E IL VENERDI' SANTO DEL '46
Ma il Giovedì Santo del 1946 (18 aprile) era
successo un fatto nuovo, da cui sarebbe scaturita una tradizione
che si è consolidata nel tempo. Alle ore 10 del mattino ebbe inizio
in chiesa Madre, presieduta dall'Arciprete don Servidio, la solenne
messa in Cena Domini, durante la quale ebbe regolarmente luogo la
cerimonia della Lavanda dei piedi a dodici poveri del paese.[13]
Al termine della messa, compiuto il rito della riposizione dell'Ostia
consacrata nella apposita urna sistemata sull'altare del cappellone
del Sacro Cuore, durante il quale potemmo riascoltare dalla toccante
voce di Sabino Pagliarulo, solista della schola cantorum parrocchiale,
il Sepulto Domino, mi avvicinai a don Servidio per fargli una proposta:
se poteva far giungere la processione notturna della Addolorata
per la prima volta fino alla chiesa della madonna della Lama, anticipandone
però di un'ora, dalle ore 3 alle ore 2, la partenza.
Ciò nella segreta speranza di attenuare l'attrito con la Comunità
Agostiniana e per ribadire il concetto che la stessa chiesa della
Madonna della Lama, pur essendo fuori mano, faceva comunque parte
integrante dell'unica chiesa parrocchiale del paese , la Matrice.
Don Servidio ci pensò un attimo; poi mi disse: "va bene, fai tutto
tu!" , D'accordo - risposi - ma a condizione che siamo in pochi
a saperlo". Mi preoccupai subito di mettere al corrente il crocifero
Michele Cappelli, che, durante la processione, era solito occupare
in ultima fila il posto d'onore davanti al Simulacro dell'Addolorata.
Avevo bisogno di sapere, tra l'altro, se i crociferi avrebbero potuto
sopportare un'ora in più di cammino con la croce sulle spalle. Avutone
il consenso, informai il comitato organizzativo della processione
sul nuovo percorso e sull'orario anticipato della partenza, e così
ne furono tutti i gruppi associativi partecipanti.
La processione partì alle ore due di notte (così come oggi) dalla
chiesa Madre, proseguì per la chiesa del Carmine e risalì verso
quella dell'Annunziata, fino a raggiungere la chiesa dei Cappuccini.
Era già l'alba, quando, di ritorno da questa chiesa periferica,
la processione giungeva in Piazza Umberto I per la tradizionale
sosta nella chiesa dell'Immacolata, ultima tappa prima del rientro
in chiesa Madre; ma ad un tratto, ad un mio cenno col braccio, il
mio amico Guglielmo Santamaria, che era in testa alla processione
( al tempo guidata solo da me ed il Santamaria) invitò la folla
a sgombrare il passaggio all'imbocco di Corso Roma per permettere
al sacro corteo di proseguire verso la chiesa della Madonna della
Lama tra la sorpresa generale.
Cosa i PP. Agostiniani avessero pensato, non lo so e non l'ho mai
voluto sapere. Certo è che per la prima volta la suggestiva processione
dell'Addolorata aveva raggiunto la chiesa della Madonna della Lama.
Qui, per l'occasione fu letta da don Ciccio Cinquepalmi una breve
ma incisiva meditazione su uno sei sette dolori della Vergine Addolorata,
e si avvertì sensibilmente la ricomposizione di tutte le "pecorelle"
intorno al suo "Pastore" [14].
Lasciata la chiesa della Madonna della Lama, la processione fece
inversione di marcia per raggiungere la chiesa dell'Immacolata.
Di qui, attraverso la piazza cittadina riprese il cammino verso
la chiesa Madre, fermandosi dapprima nella chiesetta di Santa Maria
Assunta (soccorso) demolita inopinatamente nel 1971), dove non era
mai entrata prima di allora, sebbene nella stessa da sempre si allestisse
regolarmente il Sepolcro come in tutte le chiese cittadine. Finalmente
la processione trovò la sua degna conclusione in chiesa Madre, dove
don Servidio, dal pulpito, ringraziò tutti per la sentita partecipazione
alla processione, grazie alla quale, aggiunse, aveva potuto realizzare
una sua intima aspirazione da quando era venuto nel nostro paese
quella di vedere affratellati tutti i suoi parrocchiani.
Nota
[13]
I dodici poveri erano scelti dai
dirigenti dell'Arciconfraternita del SS.mo, che tuttora ha sede
presso la chiesa Madre. Alla fine del rito simbolico della Lavanda,
ogni povero riceveva dai Confratelli un grosso pezzo di pane a forma
di biscotto ed un tornese d'argento, che poi restituiva al Priore
della stessa Arciconfraternita, Olimpio Moncelli (1886 - 1978),
padre di don Peppino il sacerdote più giovane del Capitolo nojano.
[14] Ab
Antico e il Simulacro della Vergine Addolorata e i componenti le
associazioni parrocchiali entravano in ogni chiesa, ove era allestito
il "Sepolcro". Finché ciò sé effettuato, don Ciccio Cinquepalmi
leggeva in ginocchio una piccola meditazione di circostanza dinanzi
a Gesù in sepolcro. Questa pratica è stata abbandonata con la venuta
di don Michele Battista, ritengo per valide ragioni di contingenza.
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