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FONDAZIONE DEL PRIMO REPARTO SCOUT CITTADINO

Dopo una serie d'incontri, proposte e consultazioni con i relativi organi diocesani si decise di creare in Parrocchia l'Associazione Scoutistica per dare ai ragazzi ed agli adolescenti la possibilitą di esprimersi con gioia nella ricerca di Cristo nel prossimo e nella natura, secondo lo spirito del fondatore dei Boy Scouts (ragazzi esploratori) il generale inglese Sir.
Robert Baden Powell (1857 - 19941) Con l'istituzione di questo movimento internazionale (1908), il generale Powell aveva voluto creare tra i ragazzi una scuola di alto civismo al servizio dell'umanitą, mirando in modo particolare alla loro educazione morale ed all'acquisizione di una certa responsabilitą ed autonomia nelle vita libera a contatto con la natura.
Nella nostra chiesa parrocchiale, sotto i migliori auspici di don Servidio, mercoledģ 2 ottobre 1945 si costituģ ufficialmente il primo Reparto A.S.C.I. (Associazione Scoutistica Cattolica Italiana) nojano, che complessivamente formato da 35 membri, con a capo lo stesso Arciprete nelle vesti di assistente spirituale.
A me fu data la carica di Direttore di reparto (responsabile giuridico - morale ed organizzatore generale) ed in pił quella di Istruttore dei Lupetti (ragazzi di etą compresa tra i 7 e gli 11 anni).
Pasquale Deflorio, che ora si trova in Germania, dove ha realizzato il suo sogno di regista cinematografico, divenne , invece, Istruttore (sotto l'aspetto tecnico, operativo e formativo) degli Esploratori (ragazzi dai 12 anni in su).
I ragazzi, in tutto 32 , furono dunque divisi in due gruppi: i lupetti e gli Esploratori, ognuno suddiviso in due squadriglie di otto elementi ciascuna. Ogni squadriglia aveva come specifico emblema la testa di un animale di bosco: quelle della volpe e della lepre erano rispettivamente della prima e della seconda squadriglia Esploratori, quelle del lupo bianco e del lupo rosso generalmente chiamate "Achela bianco" e "Achela rosso", da cui il caratteristico grido "Aaaa --chčeee---laaaa!" [31] , appartenevano rispettivamente alla prima e seconda squadriglia lupetti.

All'interno di ogni squadriglia venne eletto un capo: Franceschino Ardito e Gerardo Colucci (ora religioso carmelitano a Napoli), rispettivamente nella prima e nella seconda squadriglia Lupetti; Pasquale Dipierro (ora a Roma, dove entrņ nell'arma dei Carabinieri) e Nino Tagarelli di Arcangelo (ora a Genova, dove si trasferģ come insegnante), rispettivamente nella prima e seconda squadriglia Esploratori. Trombettiere di Reparto fu nominato Michele Pagiarulo, chiamato famigliarmente Lalino, che faceva parte degli Esploratori. Questi, nonostante la grave menomazione di un braccio [32], svolgeva il suo compito in maniera encomiabile con una rustica tromba, che aveva costruito con l'unica mano utilizzando dei vecchi pezzi di lamiera.

La divisa

Alla confezione di ben 34 divise attesero con notevole impegno e maestria le Giovani di A.C. e Figlie di Maria, tra cui in modo particolare Anna e Teresa Latrofa.
Le spese per il materiale, in gran parte acquistato dalla merceria della sig.ra Loreta Masotti sita in Via Madre Chiesa, angolo Via S. Giuseppe, vennero sostenute completamente dall'Arciprete don Servidio.
La divisa uguale per tutti, era costituita da una saariana color cahi e da un paio di calzoncini e di calzettoni dello stesso colore, che, sotto il risvolto, all'altezza delle ginocchia ma con le estremitą pendule e visibili, recavano tre nastrini colorati, identici a quelli cuciti sull'omero sinistro.
Uno di essi aveva il colore distintivo della squadriglia: rosso mattone: prima squadriglia, Esploratori, grigio: seconda squadriglia Esploratori; bianco prima squadriglia Lupetti; rosso: seconda squadriglia Lupetti.
I rimanenti colori il bianco ed il giallo, come la bandiera papale, significavano l'appartenenza al comune reparto.
Intorno al collo un fazzolettone verde triangolare, che scendeva sul petto a mo' di treccia, la quale, nella parte terminale, aveva un nodo, che poteva sciogliersi solo dopo aver compiuto una buona azione.
Il cappello, differente nel colore e nella forma a secondo dell'appartenenza al gruppo degli Esploratori o a quello dei Lupetti, nei primi era di feltro e di color cachi, a falda ampia circolare e calotta a punta, mentre nei secondi era di comune stoffa verde, simile a quello dei fantini, con il distintivo della squadriglia applicato sulla fascia anteriore.
L'Istruttore degli Esploratori, sulla parte sinistra del suo cappello,, aveva un giglio fiorentino arancione. Sul mio cappello, invece, poiché nel contempo ricoprivo la carica di Direttore del Reparto e quella di Istruttore dei Lupetti, avevo un giglio fiorentino bicolore verde ed arancione, di cui il primo stava a rappresentare la carica di Dirigente generale del Reparto.
Come calzari, tutti avevamo due scarponi adatti per le escursioni boschive.
Ogni scout, infine, venne dotato di uno zainetto personale a spalla, di un robusto bastone lungo un metro e mezzo e di una cordicella di tre metri agganciata, sul lato destro, alla cinghia dei calzoncini, opportunamente predisposta al pronto uso.

Il gagliardetto

Il gagliardetto del Reparto, fissato ad un'asta, di cole verde bandiera e a forma triangolare, recava su un lato la scritta: I Reparto Noicąttaro; su quello opposto il simbolo nazionale dell'Associaziine un giglio bianco fiorentino con alla base il motto latino "Estote parati", che significa "Siate pronti" ad intervenire, pronti a captare i bisogni e le esigenze del prossimo ed in alto la sigla "A.S.C.I." (Associazione Scoutistica Cattolica Italiana).
Nelle uscite ufficiali, esso era portato dall'Istruttore degli Esploratori .
I gagliardetti delle squadriglie di ugual forma e colore a quello del Reparto, avevano semplicemente su una faccia il proprio simbolo animalesco ed erano portati dai capi squadriglia.
Tutti i gagliardetti vennero ricamati e confezionati dalle abili mani della sig.na Giuseppina Parisi (1904 - 1993), con la collaborazione di alcune giovani di Azione Cattolica.

Cronaca di una "farfallata": la prima uscita ufficiale.

Il 28 aprile del 2946 (era la domenica successiva alla festa di S. Giorgio - 23 aprile -Patrono dei Boy Scouts, ed anche la prima domenica dopo Pasqua), gli Esploratori e i lupetti fecero la loro prima uscita ufficiale in divisa. Al mattino partecipammo tutti in chiesa Madre ad una breve cerimonia religiosa e, per conservare il ricordo dell'avvenimento, d'accordo con l'Arciprete decidemmo di ritrovarci il pomeriggio per una foto ricordo presso le panchine in pietra circondate dai pini, che si trovavano a due passi dal ponte stradale sulla Lama, in Corso Roma.[33]
Pasquale Deflorio s'impegnņ a portare la macchina fotografica, una cassettina a fuoco fisso, e Vito Pignataro (1924 - 1992) detto farfalla, da cui il termine "farfallata" nel titolo del presente paragrafo si prese l'incarico di acquistare, a suo dire, per il gruppo, un rollino fotografico in bianco e nero da otto pose. Una volta radunati nel punto stabilito, furono consegnate le mille lire del rollino fotografico a Pignataro, il quale con Dipierro, a turno , provvide a scattare quelle memorabili fotografie, che avrebbero dovuto serbare per sempre il ricordo dell'avvenimento.
Ma i fatti non andarono cosģ. Alcuni si incaricarono, all'indomani, di portare la macchina fotografica completa di rollino a Bari, in Via Sparano, allo studio fotografico "F.lli Antonelli" per lo sviluppo.
Vi si ripresentarono un paio di giorni dopo per il ritiro delle foto, ma ebbero l'amarissima sorpresa di sentirsi dire dal fotografo Antonelli che, suo malgrado, gli avevano consegnato la macchina fotografica con un rollino privo di pellicola.
In quel momento, in preda alla rabbia per l'inattesa notizia, pensarono subito che il Farfalla ne aveva combinato una delle sue.
Pur essendo stato ripreso per il suo comportamento scorretto, Vito Pignataro non mosse ciglio, anzi si vantņ delle sua bravata per aver messo tutti nel sacco, per cui si ritenne inutile avanzargli persino la proposta della restituzione delle mille lire da lui incassate e mai spese per l'acquisto del rollino.
Dell'accaduto, don Servidio rimase molto sconcertato e dispiaciuto, e, a malincuore, dovette proporre l'allontanamento di Vito Pignataro dall'Associazione per almeno un mese, rinviando ad altro momento la decisione della sua riammissione.
Per completezza di cronaca, ritengo opportuno ricordare che, pochi giorni prima della nostra uscita ufficiale in divisa, diversi giovani, non condividendo il carattere confessionale, cioč espressamente cattolico del gruppo A.S.C.I. parrocchiale, ed essendo venuti in contrasto con i suoi dirigenti, si erano distaccati da esso per fondarne, in contrapposizione, uno di indirizzo laico denominato C.N.G.E.I. (Corpo Nazionale Giovani Esploratori Italiani), all a cui direzione si misero Ciro Abbruzzese, Francesco Latrofa e Nino Tagarelli.
Questo episodio, comunque, non scoraggiņ pił di tanto don Servidio. Che non coartava mai la volontą di alcuno.

Le attivitą di Reparto e l'addestramento.

Nella sede di Via Madonna delle grazie, il Gruppo A:S.C.I. coabitava con il gruppo dei Giovani di A.C., con il quale trovava dei momenti di collaborazione nell'annuale allestimento del presepe nella stessa e nel volontario lavoro di manutenzione del vecchio basolato della stradina di accesso.
Ma, relativamente a quest'ultimo impegno, erano particolarmente attivi e pił esperti i giovani Esploratori, i quali, nella riparazione delle basole rotte, adoperavano un impasto di cemento misto a polvere di pietra, che raccoglievano dal fondo stradale inghiaiato di Via Mola [34], nei pressi della cappellina della Provvidenza, alla periferia del paese, lą dove, essendo la zona notoriamente depressionaria, quella si accumulava per effetto dl trasporto dell'acqua piovana.
Questo servizio, gratuito e altamente civile, agevolava enormemente sia le persone anziane del rione che le donne adulte di A.. C., che frequentavano talvolta la sede per le loro adunanze.
Il Reparto, per i suoi meriti e la perfetta organizzazione, si meritņ la stima di don Servidio, che volle sempre i suoi scouts al proprio fianco in divisa nella processione del "Corpus Domini" e nel precetto a domicilio agli ammalati come scorta d'onore al SS.mo Sacramento e per il servizio d'ordine.
Lo spirito dell'Associazione era racchiuso tutto nella caratteristica forma di saluto, che due membri si scambiavano al momento dell'incontro: dopo essersi data la mano sinistra con i mignoli incrociati, ognuno sollevava il braccio destro ad angolo retto, con l'avambraccio puntato verticalmente al cielo; quindi, con il pollice e l'indice della relativa mano uniti e le restanti tre dita spiegate verso l'alto, a significare l'accettazione delle tre norme dell'A.S.C.I.[35], pronunciava contemporaneamente, in una voce , il nome del protettore: S. Giorgio.
Per motivi legati all'andamento climatico, l'addestramento specifico dei giovani Esploratori a contatto diretto con la natura, secondo il manuale dell'Associazione, avveniva nei mesi estivi e tardo primaverili, con cadenza domenicale. Durante le vacanze scolastiche estive, anche di giovedģ. Negli altri mesi dell'anno e, comunque, quando il tempo non era bello, il raduno delle squadriglie, limitato alla mattinata della domenica, avveniva presso la scuola del Carmine nell'aula grande del maestro Angelo Didonna (1892 - 1974), alla quale si accedeva da Via Telegrafo, dove si teneva una piccola discussione teorica, indi si passava nell'attigua palestra interna all'aperto, per l'esercitazione pratica.
Le escursioni campestri duravano solitamente dall'alba al tramonto del sole, nelle domeniche in cui naturalmente si decideva di compierle.
L'appuntamento di primo mattino, gli esploratori, gią in divisa se lo davano in chiesa Madre, dove partecipavano alla prima messa della giornata, volgarmente detta "della campana" (alle ore 4, secondo il calendario estivo, d'inverno, si posticipava di un'ora ).
Al termine della celebrazione, passavano dalla vicina sede di Via Madonna delle Grazie a prendere gli oggetti personali in dotazione (zainetto, corda e bastone) e, provvisti di cibo sufficiente preparato in famiglia per la colazione ed il pranzo a sacco [36] si avviavano alla spicciolata, a piedi, secondo le direttive del loro Istruttore Pasquale Deflorio, al posto del raduno: normalmente quello spiazzo (ora scomparso) a sinistra del ponte stradale, che si incontra sulla provinciale per Casamassima appena fuori del paese, costruito cura dell'Amministrazione Provinciale nel 1957.
Qui solitamente, quando di rado si decideva di non effettuare alcuna escursione istruttiva nei dintorni, si rimaneva fino a tarda sera. Riuniti intorno ad un piccolo falņ; altrimenti la giornata si concludeva al tramonto del sole.
Sul posto di convegno venivano piantate delle tende, mentre i cuochi, uno per squadriglia, si davano da fare per accendere il fuoco con un solo fiammifero consegnato dall'Istruttore e preparare un modesto pranzo per tutti (solo il primo piatto: generalmente pasta con sugo di pomodoro); gli altri ascoltavano l'Istruttore, che li ammaestrava brevemente sull'uso del bastone e della cordicella, sui vari nodi da eseguire con questa, a secondo delle circostanze, e sul comportamento da tenere durante le escursioni campestri.
Subito dopo, lasciato a guardia del campo un Esploratore, le due squadriglie, separatamente, partivano per una prima battuta escursionistica. Entrambe, seguendo piste diverse, erano tenute a lasciare dei segni convenzionali lungo il proprio percorso, che al ritorno, doveva essere scambiato. Ciņ per imparare a leggere i segni altrui.
Tale esercitazione era assai utile per l'orientamento in zone sconosciute per la possibilitą di scoprire, specie lungo le lame locali, ruderi, casette e sentieri antichi. Per le ore 12,30 - 13,00 si ritornava alla base per consumare insieme il pranzo; quindi si ripartiva, per altre poche ore, ad esplorare la natura circostante, che costituiva il principale obiettivo delle varie escursioni, durante l quali si aveva la possibilitą di raccogliere, per poi catalogarle in apposite schede, le numerose varietą di erbe e piante selvatiche scoperte in modo particolare sul letto delle lame, che circa cinquant'anni fa si presentavano ancora intatte e ricoperte di vegetazione spontanea.
Era un modo per scoprire ed apprezzare la natura creata dalla bontą divina. Con una preparazione adeguata, dovendo spesso affrontare luoghi impervi e scoscesi [37], furono esplorate le lame pił importanti del territorio nojano, sconfinando nei territori di Rutigliano e di Casamassima e toccando anche i limiti territoriali di Turi, per raggiungere i quali si percorrevano 6 - 7 km., in tal caso non si tornava pił al primo luogo di appuntamento, ma si stabilivano tappe intermedie, senza piantare tende in alcun posto. Il cibo si consumava lungo il percorso per guadagnare tempo.
Terminata l'escursione (intorno alla 17 - 18), le due squadriglie, alla presenza dell'Istruttore, tenevano la propria relazione sulla esperienza giornaliera fatta. Seguiva uno scambio di opinioni. Quindi, fatta una preghiera comune di ringraziamento a Dio per la bella giornata trascorsa in mezzo alla natura, si toglieva il campo e si scioglievano le squadriglie.
Rientrando a casa, ogni Esploratore scioglieva il nodo al proprio fazzolettone. Dio aveva gią letto e registrato quanto fatto da ognuno di buono. L'addestramento dei Lupetti, data la minore etą dei componenti, avveniva solo nella mattinata della domenica terminava al massimo alle ore 12,30.
I loro genitori, infatti, ci tenevano ad averli in casa per l'ora di pranzo.
Dopo una serie dilezioni tecniche teoriche tenute dal loro Istruttore nella palestra della scuola del Carmine, essi venivano condotti sui sentieri battuti dagli Esploratori per una esperienza pił diretta: una specie di iniziazione alla vita di scouts.

Lo "Jamboree" di Bari e la giornata "Pro seminario" di Triggiano

Nell'agosto 1946 l'intero Reparto, composto dalle due squadriglie Lupetti e dalle due degli Esploratori, partecipņ ad uno jamboree diocesano (raduno di scouts) che si tenne a Bari nella villa diocesana di Via Amendola.
Qui, alla presenza dell'Arcivescovo mons. Marcello Mimmi dei dirigenti nazionali e diocesani dell'A.S.C.I. , diede un piccolo saggio delle esperienze acquisite, che fu molto applaudito ed apprezzato.
I Lupetti eseguirono dei giochi da manuale, mentre i giovani Esploratori si esibirono lodevolmente nella costruzione di un ponticello sospeso tra due grossi pini, impiegando funi e bastoni della dotazione personale.
Fu un memorabile incontro, che affratellņ tutti i Reparti A.S.C.I. presenti della diocesi barese, offrendo l'occasione di un utilissimo, reciproco scambio di idee e di esperienze. Peccato che, con la mia partenza da Noicąttaro per motivi di lavoro, la nostra Associazione scoutistica si sciolse nel 1947, dopo appena due anni di attivitą.
Qualche mese dopo lo Jamborree di Bari, nello stesso anno, la G. M. di A.C. di Noicąttaro partecipņ a Triggiano con l'A.C. del luogo, di cui era presidente il dott. Contesi (gią Contacessi), alla tradizionale giornata "pro seminario", mettendo su, in collaborazione, un piccolo spettacolo, che fu dato nel piazzale retrostante dell'ospedale provinciale Fallacara (allora di pertinenza dell'O.N.A.R.M.O).
Esso consistette in una serie di scenette comiche e di canti, tra i quali l'applauditissima barcarola Santo di Mira, eseguita dal gruppo nojano, che fu accompagnato alla fisarmonica dal nostro Esploratore Nicola Masotti [38].
Allo spettacolo era presente l'arcivescovo di Bari, mons Mimmi. A conclusione del programma, su mio invito, Michele Pagliarulo, del gruppo Esploratori [39], prese un cappello da esploratore e attese che il suo Direttore, cioč il sottoscritto dicesse ai presenti: "Signori, questa č la sorpresa, cui avevo accennato all'inizio, ideata dai Giovani Esploratori di Noicąttaro. Adesso girerą tra voi con un cappello l'Esploratore Michele Pagliarulo, perché ognuno possa fare spontaneamente la sua piccola offerta per il seminario".
L'Arcivescovo diede per primo l'esempio, facendo la sua offerta.
Fu raccolta una discreta somma e, come ringraziamento, gli Esploratori nojani concessero al generoso pubblico la replica del canto Santo di Mira.

La gradita visita degli Esploratori a don Peppino a Torre a Mare.

Una domenica di primavera del 1946, prima di Pasqua, quando il gruppo era ancor compatto e non era ancora avvenuta la prima uscita ufficiale in divisa, visto il bel tempo, gli Esploratori decisero di trascorrere la giornata al mare. Intanto avevano avvertito don Peppino Ardito che avrebbero partecipato nella sua parrocchia di Torre a Mare [40] alla Messa delle ore 10, animandola con il canto gregoriano. Avevamo stabilito, di comune accordo, di raggiungere Torre a Mare attraverso i sentieri costeggianti le lame, che non fossero, perņ, strade principali, si fissņ la partenza da Noicąttaro intorno alle ore 4 del mattino.
La Masseria di Macario (contrada agricola S. Vincenzo), scelta come prima tappa intermedia e quindi definita come "Campo n.1", doveva essere raggiunta da entrambe le squadrilgie, che avena preferito seguire itinerari diversi, l'una a destra e l'altra a sinistra del greto del torrente Giotta (o Giotti) [41], entro le ore 8.
Insieme all'Istruttore Deflorio, io seguii, invece, proprio il letto del trorrente, su cui dappertutto spuntavano erbette e fiori d'ogni specie, che sembravano lodare Dio con il loro profumo e la loro bellezza, rendendo indescrivibile la gioia di questo nostro contatto diretto con la natura.
L'aria del primo mattino, fresca e impregnata dell'odore della resina degli alberi e dell'erba della pietraia, tra la natura selvaggia e incontaminata, giovava ai nostri polmoni. Ad un tratto vedemmo scappare a gran velocitą davanti ai nostri piedi una coppia di lepri. Nelle vicinanze, nascosta in una sterpaglia, c'era una nidiata di piccoli, che accarezzammo teneramente prima di proseguire.
Quando tutti ebbero raggiunto la Masseria Macario ciascuna squadriglia descrisse all'Istruttore il percorso seguito ed i vari segni lasciati nei posti ritenuti pił interessanti e noti. Di qui ci spostammo sulla provinciale n.57, la "Noicąttaro - Torre a Mare", all'epoca non ancora asfaltata e impolverata, per raggiungere, non pił separatamente, la meta prevista alla partenza: Torre a Mare.
Durante il tragitto ci imbattemmo in numerosi piccoli rettili, come vipere, serpi nere e cervoni, tipici delle nostre zone, che di volta in volta offrirono all'Istruttore lo spunto per spiegare agli stessi come comportarsi, specialmente con le vipere.
A Torre a Mare, nella nuova "Piazza Abba Garima" (localitą Fontana nuova), stabilimmo il "Campo n.2", fissando nel terreno il gagliardetto di Reparto. Come sede operativa, per la preparazione del pranzo da parte degli addetti, fu presa la casa di mia madre, sita nell'ambito della Piazza.
Alle ore 10 in punto fummo tutti nella chiesa di S. Nicola per la Messa, che don Peppino Ardito, attendendoci con grande entusiasmo, si apprestava a celebrare. Il nostro Esploratore Nicola Masotti si sedette dietro l'armonium per accompagnare i canti. Durante l'omelia, don Peppino colse l'occasione per ringraziare i suoi giovani compaesani della loro visita, aggiungendo, con una nota di nostalgia ed insieme di compiacimento, che la madrepatria Noja - Noicąttaro, nonostante la recente separazione territoriale, non si era dimenticata dei fratelli di Torrepelosa [42].
Infine, rivolto a tutti i presenti, con gli occhi socchiusi e con tono altamente profetico, esplose con questo auspicio: "io sono ardito come il mio cognome, cosģ com'č inciso nel marmo sito sulla parete in fondo alla chiesa [43], per cui con tutto l'ardore che sento nel cuore rivolgo a Dio l'accorato appello mi conceda la grazia di assaporare la gioia del ritorno alla madrepatria, territorio che fu dei nostri antenati".
Al termine della Messa ci salutammo calorosamente con lui e facemmo ritorno al "Campo n.2", dal quale ci spostammo poi nella sede operativa per la consumazione del pranzo, alla cui preparazione aveva preso parte l'amico conosciuto col soprannome di "Céime d cąole". I pasti furono consumati in allegria, né mancarono episodi divertenti, come quello che vide Franco Latrofa, Ciro Abbruzzese ed i soliti bricconi di gruppo assalire letteralmente l'albero dei fioroni, ornamento dell'attiguo giardino della casa, per coglierne i frutti pił o meno maturi. Terminato il pranzo, ci fu un po' di tempo libero per tutti fino al tramonto.
Quando si udģ il richiamo dell'adunata del nostro validissimo trombettiere Pagliarulo, ci riunimmo tutti attorno al gagliardetto elevata a Dio una comune preghiera di ringraziamento, si riprese la via del ritorno seguendo i margini della strada provinciale.

Nella foto l'Autore partecipa alla riunione di un gruppo di scouts cosentino nel bosco del villaggio Palumbo (sila Piccola)

 

Note

[31] Probabilmente dal greco "achilykos: lupo terribile
[32] Aveva perduto l'arto in un incidente occorsogli nell'officina di riparazione auto della ditta Guarini - G.M. Pannarale e D. Pesce (locali Divella, oggi Stangarone, su Corso Roma) Ogni possibile complicazione fu scongiurata dal tempestivo intervento del prof. dott. D. Divella.
[33] Le panchine erano state installate da poco dal Comune di Noicąttaro in seguito all'ampliamento di Corso Roma, in prossimitą del ponte stradale operato dall'Amministrazione provinciale. All'epoca, la provinciale per Bari iniziava dall'Osso: cosģ in gergo nojano il limite comunale disegnato con basole in pietra di traverso sulla strada, ora scomparso sotto l'asfalto, che congiungeva l'attuale imbocco di Via Vecchia Casamassima con il marciapiede antistante l'abitazione di Gioacchino Gambatesa, civico 93, in Corso Roma.
[34] All'epoca (intorno agli anni'940), le principali Vie d'uscita da Noicąttaro erano ricoperte di vricc, cioč di ghiaia, che il continuo passaggio dei traini e dei carri ippotrainati frantumava fino a ridurla in polvere biancastra, la cosidetta "polvere della via nuova", che i nostri contadini usavano nel trattamento degli ulivi.
[35] Le tre regole fondamentali dell'Associazione erano la Responsbilitą, la Vita libera a contatto con la natura e la Bontą.
[36]
Immancabili tra gli altri semplici alimenti, pane e frittata fichi secchi farciti di mandorle (i ghiakčune).
[37]
Una delle esercitazioni pił importanti consisteva nell'attraversamento in senso trasversale del letto della lama, aggrappandosi con mani e piedi ad una robusta corda tesa tra due alberi di opposta sponda.
[38] I giovani erano stati preparati da Mimģ Ciavarella, gią rientrato a casa a guerra finita.
[39] I giovani Scouts erano in gran parte iscritti nelle liste di A.C., cosģ come io stesso ricoprivo nel contempo la carica di Presidente di A.C. e di Direttore del Reparto A.S.C.I.
[40]
D. Peppino, originario di Noicąttaro (vi era nato nel 1877), fu il primo parroco della parrocchia di S. Nicola in Noicąttaro sita nella sua borgata di Torre Pelosa, che a seguito di aggregazione di essa a Bari divenne Torre a Mare, dove morģ nel 1970.
[41] Per poter imboccare la cosiddetta Lama Giotta, bisognava prendere dal paese la strada vicinale S. Vincenzo e attraversare la Lama dell'Angelo
[42] Torrepelosa, per un ignobile quanto mai ingiusto decreto reale voluto dai fascisti, nel 1934 veniva strappata a Noicąttaro ed annessa a Bari. Quattro anni dopo, gli stessi amministratori baresi ne chiesero ed ottennero dal Governo di Roma anche la mutazione dell'antico toponimo in quello attuale di Torre a Mare.
[43]
Don Peppino si riferiva alla lapide commemorativa, tuttora esistente, dell'inaugurazione dell'attuale chiesa parrocchiale (19 settembre1940), in calce alla quale, in qualitą di Parroco, č inciso il suo Cognome.