L'INSEDIAMENTO DI DON GIUSEPPE SERVIDIO
NELLA CHIESA MATRICE DI NOICĄTTARO
Il giorno della festa di Ognissanti del 1941 (era
di sabato), che segnava l'inizio del mese dedicato ala commemorazione
di coloro che ci hanno preceduto nel ritorno alla Casa del Padre,
fu per Noicąttaro anche l'inizio di un nuovo fermento cristiano,
che negli ultimi anni si era affievolito per la vacanza dell'Arciprete.
In quel giorno, infatti, prese il possesso canonico della nostra
chiesa Matrice, gremitissima di fedeli, il neo Arciprete don Giuseppe
Servidio, che succedeva nell'incarico a don Giacomo Lioce. (1920
- 1940).
Nell'affidarlo ai nojani, l'Arcivescovo Mimmi pronunziņ queste parole:
"Ecco il vostro Arciprete! L'ho tolto dal mio fianco per darlo a
voi. Abbiate cura di lui, perché rappresenterą Cristo vivo in mezzo
a voi".
Don Servidio veniva dal seminario arcivescovile di Bari, dove dall'ottobre
1929 (anno della sua ordinazione sacerdotale) all'ottobre 1941 era
stato dapprima vice rettore e professore di greco e poi rettore
(dal 1936).
Non furono anni facili, quelli da lui trascorsi a Noicąttaro; egli
giungeva in un momento in cui la popolazione si apprestava a vivere
con trepidazione l'inizio del secondo conflitto mondiale per poi
sopportare, a guerra finita, il peso della faticosa ricostruzione
economica, sociale e morale.
Durante il periodo bellico, si era insediato in paese un comando
di divisione di Artiglieria (pił tardi anche un reparto di sussistenza
dell'Aviazione), avente la propria sede operativa nel requisito
palazzo Macario, su Corso Roma, e che utilizzava come deposito di
viveri e officina riparazione degli automezzi militari i capannoni
di Francesco Campobasso, nei pressi della stazione ferroviaria,
ora giardinetto di proprietą delle suore Apostole del Sacro Cuore
(Ist. Rocco Desimini).
Per tutto il primo mese (novembre), non avendo ancora trovato una
casa in cui alloggiare, fu ospite dei Padri Agostiniani presso il
loro costruendo convento, nel sito ove era l'antico camposanto di
Noja, in attacco alla chiesa della Madonna della Lama [17].
Tutte le mattine, infatti, mentre mi recavo alla stazione per prendere
il treno insieme al mio amico Franco Colucci (ora Vicario Generale
Arcivescovile) alle ore 6,45 (frequentavamo a Bari il primo anno
del liceo Scientifico "Scacchi"), scorgevo don Servidio dirigersi
verso la chiesa Matrice avvolto nel suo mantello nero a ruota per
ripararsi dal vento e dal freddo.
Durante l'ottavario dei defunti (1-8 novembre) si era dovuto alzare
addirittura alle 5, quando gią in paese erano in funzione i trappeti
per la molitura delle olive. Poi trovņ stabilmente casa in via Decaro,
7, al primo piano, non molto distante dalla chiesa Madre. Instancabile
nelle confessioni e nella direzione spirituale (passava molto tempo
in chiesa), sempre disponibile ad ogni richiesta di bisogno sia
materiale che spirituale, riservato e molto ligio alla puntualitą;
don Servidio rivolse la sua attenzione soprattutto al mondo giovanile
con un serie di iniziative pastorali, che diedero col tempo i frutti
sperati.
L'amore per le anime a lui affidate infondeva loro coraggio nell'avere
una grande e incondizionata fiducia in Dio.
Era molto devoto del Cuore di Gesł e della Madonna, cui confidava
tutte le sue debolezze e le sue ansie. Appena giunto a Noicąttaro,
subito dopo il ripristino parziale della chiesa allo stile tardo
romanico, aveva fatto appendere, su consiglio di esperti, al centro
dell'arcata che divide la navata centrale dall'abside, il quattrocentesco
Crocifisso ligneo, che ora č sistemato nella navata di sinistra
(vedi foto).
Era sua abitudine visitare spesso gli ammalati, ed era prontissimo
a correre al loro capezzale nel caso di un chiamata improvvisa (lui
era sempre disponibile in chiesa). Un giorno d'estate (era il 10
agosto, festa di S. Lorenzo, ma non ricordo l'anno), era da poco
terminata la funzione serotina delle ore 19,30, quando don Servidio
venne chiamato d'urgenza in Via Trieste al capezzale dell'imbianchino
Nicola Ardito detto Brasciola.
"Come facciamo?", mi disse un po' preoccupato per il maltempo, che
imperversava da ore su tutto il paese avvolto completamente nel
buio per la mancanza di corrente elettrica.
Nelle ore pomeridiane Noicąttaro era stato investito da un vero
e proprio uragano, provocando nelle campagne lo svellimento di diversi
tendoni di uva da tavola. Numerosi bassi furono invasi dall'acqua
e molte strade tracimavano di acqua e fango, non essendo ancora
bitumate.
"Voi pensate a preparare l'occorrente per il Sacramento dell'Unzione
degli infermi - gli suggerii -, mentre io vado a cercare un lume
a petrolio dalla famiglia Ranieri, che ha soprannome Gghiemerildd',
qui di fronte alla sacrestia".
Appena fui di ritorno, alla fioca luce del lume e con due ombrelli
ci avventurammo tutti due a piedi in quella bufera e, tra pozzanghere
e sferzate di vento, che sembrava volerci portare via tutto, raggiungemmo
a fatica l'abitazione dell'ammalato.
Entrati in casa, restammo molto turbati alla vista di quell'uomo,
che si dibatteva violentemente sul letto rimbalzando come una molla
lasciata libera dalla tensione.
Una scena sconcertante, che la debole luce del lume rendeva ancora
pił lugubre. Con l'aiuto dei parenti, cercai di tenerlo fermo, cosģ
che don Servidio potč somministrargli l'olio degli infermi pił agevolmente.
Il ritorno fu ancora pił difficoltoso per il continuo imperversare
della bufera di pioggia e di vento che si era fatta pił insistente.
I nostri ombrelli non reggevano alle forti raffiche; l'oscuritą
ci metteva paura, ma alla luce del lume, seppure a fatica riuscimmo
a raggiungere la chiesa Matrice, evitando di cadere nelle pozzanghere
pił grosse.
Dopo aver messo finalmente piede in chiesa, ringraziammo il Signore
per averci aiutato, tra mille difficoltą, a portare il conforto
religioso a quell'ammalato grave, almeno cosģ ci sembrņ come anche
ai parenti. Qualche tempo dopo apprendemmo che quell'uomo s'era
alzato dal letto, a distanza di pochi giorni dalla nostra visita,
completamente ristabilito.
Fu una notizia che fece molto felice don Servidio, che pensava a
quella tremenda serata e alle notevoli difficoltą incontrate per
portare a quell'ammalato grave il conforto della Chiesa.
[17]
I primi Agostiniani , voluti dll'Arciprete
Lioce, giunsero a Noicąttaro nel 1938, ma ufficialmente nel 1939.
Di essi ricordo con molto affetto padre Nicola, che si dilettava
di pittura, e fra Giuseppe, ecclissatosi improvvisamente dopo alcuni
anni. Al tale piaceva eseguire traforo in legno e confezionare abilmente
piccoli rosari con semi ricavati da una particolare pianta (anch'io
appresi con tenacia i segreti di questo suo hobby).
|