L'uso del presbiterio e le disposizioni testamentarie di alcuni canonici
Sino ad ora abbiamo ritenuto poco corretto l'operato di alcuni Arcipreti circa le variazioni architettoniche dell'interno, ma il contenuto molto interessante di alcuni documenti inediti, relativi a quanto proposto col paragrafo, li assolve pienamente.
L'assoluzione è confermata dalle decisioni testamentarie del rev. Don Gregorio Cristallino (Cristaldino) (cfr. Atto notarile rogato dal notaio Cesare Cardona del 9 febbraio 1657) consegnate all'Arciprete del tempo, don Carlo Manna (1650-1680), delle quali riportiamo apposito stralcio: «...Eppoi passato che sarà da questa all'eterna vita vuole che il corpo suo sia seppellito dentro la predetta Chiesa Maggiore di Noja e propriamente nella sepoltura dei Reverendi Sacerdoti ...pertanto il reverendo capitolo è obbligato a fare prima l'impiantatura [= volta] della nave della detta Maggiore Chiesa consimile a quella del coro di essa... il restante censo di detta annua entrata..., deve essere utilizzata per ornare e riparare l'altare maggiore di detta Chiesa Maggiore, del SS. Crocifisso, e dell'altare della Madonna SS.ma di Costantinopoli...».
La destinazione a sepoltura della zona libera del presbiterio è stata riscontrata de visu, in occasione della rimozione della ringhiera in ghisa e della sostituzione della pavimentazione (1980), con il rinvenimento di una bara contenente i resti mortali di un dignitario capitolare.
Siamo rimasti stupiti nell'apprendere che nel 1657 la volta del presbiterio era diversa da quella principale:
probabilmente non presentava soffittature di nessun genere al di sotto delle capriate in legno. Ma una ottantina d'anni dopo, le dette capriate della volta risultano coperte da una soffittatura (1730) descritta da don Saraceno (tre grandi quadri: Madonna della Pace, S.Nicola di Bari e S. Gregorio Magno, e rosette pittate).
La soffittatura in questione verrà sostituita (arcipretura Pardo 1890-1919, ben 149 anni dopo) da quella tuttora visibile nel 1892, eseguita dal pittore Michele Sparavilla, raffigurante scene apocalittiche copiate dalla fabbrica di S. Domenico di Napoli, eseguite dall'arch. pittore Francesco Solimena (1400).
Per dare completezza documentale dell'assoluzione in questione, trascriviamo il contenuto di due decisioni capitolari (n. 5 e n. 14 del 1852-1853) relative alla accoglienza delle disposizioni verbali rese dal Canonico don Gaetano Regina al Canonico don Angelo Positano, le quali sono molto interessanti poiché riguardano la conoscenza di un altro evento sinora sconosciuto.
Ecco i contenuti delle decisioni.
Decisione capitolare n.5
Riuniti in consiglio sotto la presidenza dell'Arciprete don Michele Tanza (1832-1879) 13 canonici approvano la seguente proposta fatta dallo stesso:
«Signori, poiché è piaciuto al Sommo Iddio chiamare a miglior vita il nostro Confratello Can.co don Gaetano Regina, l'esimio nostro Prelato à espresso a viva voce al can.co don Angelo Positano essere sua ferma volontà, che le sue rendite, tanto dell'assegno canonicale, quanto della Massa comune annesse al vacante canonicato, vengano addette alla costruzione dell'altare maggiore in marmo in questa nostra chiesa, e che la provvista (=nomina di un altro canonico) rimanga sospesa (=non sia utilizzata per altro scopo) in sino a che sia raggiunto lo scopo testé precisato».
In conformità alle norme curiali viene nominata una deputazione composta dai canonici don Raffaele Didonna e don Vincenzo Positano che, recatisi dall'Arcivescovo, ricevono l'autorizzazione alla esecuzione dei lavori progettati dall'arch. Micucci di Casamassima da eseguirsi dal marmista Francesco Raimondi di Bari.
I presenti, nell'accogliere la proposta dell'Arciprete, esprimono la loro gratitudine e riconoscenza verso S.E. per la sua magnanimità a favore della nostra chiesa, provvedendo quindi alla nomina a deputati allo scopo i soprannominati canonici.
 |
 |
 |
Madonna di Costantinopoli del Bizzamanno |
Altare in marmo con l'immagine della Madonna della Pace di autore ignoto, ricostruita dall' arch. Vito Ardito e da Viviana Sozio (2004) |
Altare in marmo con l'immagine della Madonna della Pace raffigurata dal pittore Umberto colonna, XX sec. |
Decisione capitolare n.14
Alla disposizione testamentaria fu data esecuzione in tempi molto brevi se nella decisione capitolare n. 14 di un anno dopo (14 agosto 1853) l'altare in legno intagliato e dorato descritto dal Saraceno non esiste più:
«...dell'altare vecchio si tolga quel' pezzi che abbisognano per formare le basi alle due statue de' SS.mi Pietro e Paolo, che dovranno collocarsi ai laterali dell'altare maggiore (ma questa sistemazione l'ha già descritta don Saraceno nella sua relazione di 121 anni prima senza l'uso di pezzi dell'altare in tavola, vedi p. 21), quel che rimane dovrà consegnarsi al Sagrestano Maggiore sig. Canonico Crapuzzi e da questo al Campaneliere Giuseppe Masotti, il quale rilasciando ricevo al detto Canonico Crapuzzi di ciò che gli viene consegnato, avrà cura di riporlo sulla navata del coro della nostra chiesa».
Di fronte a tanto, possiamo solo prendere atto che la buonanima del canonico don Gaetano Regina con la sua generosa iniziativa non ci ha, però, consentito di ammirare la bellezza e l'inventiva dell'artigiano o degli artigiani che realizzarono l'altare.
Chissà perché in Noja gli altari in legno sono stati le vittime del freddo marmo, mentre nei numerosissimi paesi circonvicini (Mola di Bari, l'Isola di Conversano) ed in Europa sono apprezzatissimi sia per l'arte espressiva dell'artista realizzatore sia per le colorazioni di particolari pezzi di essi.
|