I PRIMI PASSI NELLA G.I.A.C.
Prossimo a divenire "remigino" [1],
sul finire degli anni Venti entrai a far parte degli "Aspiranti "
della G.I.A.C. (Gioventù Italiana di Azione Cattolica), la cui sede
sociale era sita quasi di fronte alla Chiesa dell'Immacolata.
Il locale di proprietà dei Divella (commercianti di tessuti in Bari),
ora sede dei coltivatori diretti pensionati in Piazza Umberto I, n.
35, era attiguo a quello seminterrato in cui una certa Fortezza Parisi
(1862 - 1950) vendeva la farina per fare il pane. Presidente dell'Associazione
era il maestro Sabino Anelli 1890 - 1962).
La sera mi recavo nella sede per guardare, non per leggere, perché
non ero come i bambini di oggi, i quali nascono con gli occhi aperti
ed appena ragazzini sanno già usare il computer.
A mala pena mi incuriosivano le foto riportate nei giornalini dei
missionari relative agli atti di cannibalismo compiuti dai popoli
tra i quali operavano i nostri missionari per l'annuncio del Vangelo.
Qualche spiegazione al riguardo mi veniva data da quelli più grandi
me che sapevano già leggere. In associazione incontravo spesso un
gruppo di affiatatissimi giovani: Nicola, Vincenzo e Peppino Parisi
Giuseppe Divella ( detto a mazz -mazz a causa della sua magrezza),
Mimì Ciavarella, Luigi Armagno e tanti altri di cui mi sfugge il cognome.
Sento ancora nelle orecchie le parole che Vincenzo Parisi ad un'ora
convenuta rivolgeva agli amici:«Uaglì,ià l'aora ca ma' ssce'
a ttre' a linnia» ( Ragazzi, è l'ora che dobbiamo andare a tirare
la linea, cioè incrociare gli sguardi con le ragazze del cuore, che
erano in attesa di corrispondere alla linea da dietro i vetri della
"lastriera").
Allora tanto era possibile, e quando le circostanze lo permettevano.
Sono convinto che il ricordo di quella linea susciterebbe ancora una
certa gioia nel cuore di coloro che vissero quei momenti spensierati!
Una bella mattina, però, non ricordo l'anno, ma certamente prima del
febbraio 1929, recatomi in Piazza per andare in associazione, trovai
la porta chiusa, sigillata, e due carabinieri che stazionavano sul
marciapiede. Fu il primo impatto con la dura realtà della vita. Il
governo fascista dell'epoca aveva ordinato lo scioglimento di tutte
le Associazioni cattoliche nazionali e la chiusura delle loro sedi,
che poterono riaprirsi solo dopo la stipulazione del Concordato tra
lo Stato e la Chiesa Cattolica dell'11 febbraio 1929. Venne, però,
negata la ricostituzione dell'A.S.C.I (Associazione Scoutistica Cattolica
Italiana) perché sapeva troppo d'inglese.[2]
Nel frattempo, il maestro Sabino Anelli, ritenuto oppositore del regime
fu mandato al confino a Rodi Garganico. Presidente della nuova G.I.A.C.
di Noicàttaro fu nominato il dott. Vittorio Cinquepalmi (classe 1913),
il quale, per ragioni di lavoro, dovette passare il testimone a Mimì
Ciavarella, persona amata e stimata da tutti (1922 - 1987). Con la
presidenza di Mimì Ciavarella, la sede della G.I.A.C. fu trasferita
in un locale di C. Roma (già Via Garibaldi), civico n. 33. Eravamo
nel 1936, l'anno in cui si svolse a Noicàttaro un bellissimo avvenimento
liturgico: il Congresso Eucaristico cittadino.
Ricordo che tutti i componenti della G.I.A.C. attesero dinanzi alla
sede sociale l'arrivo da Bari dell'Arcivescovo mons. Mimmi. Giunto
Costui dinanzi a detta sede, scese dalla macchina ed in corteo plaudente
fu scortato dagli associati sino alla Chiesa Matrice. Qui, sulla balconata
in pietra tuttora esistente di fronte all'ingresso principale, venne
allestito un bellissimo angolo di paradiso vivente: molti fanciulli
erano vestiti da angioletti e disposti ai lati di un grande pannello
su cui era dipinto un ostensorio simbolico; e poi tantissimi fiori
di stagione e piante ornamentali, il tutto artisticamente illuminato.
Mons. Mimmi apprezzò moltissimo l'inventiva di coloro che avevano
realizzato la scena paradisiaca.
[1] Fino
a qualche anno fa, il primo ottobre, ricorrenza di S. Remigio, vescovo
di Reims, aveva inizio l'anno scolastico di tutti i gradi. Pertanto
, lo scolaro che iniziava a frequentare le elementari dalla prima
classe veniva chiamato remigino.
[2] A
fondare gli Scouts fu un generale inglese, un certo Baden Powell,
Sir Robert Stefeson Smit ( Londra 1857 - 1941). Costui aveva partecipato
alla guerra anglo - boera verificando l'efficienza dei giovani impiegati
nei sevizi ausiliari. Tornato in patria, intensificò l'interesse per
i problemi dell'educazione giovanile e così nel 1908 fondò il movimento
dei Boys Scouts, ora internazionale.