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Il soldato Giovanni Diciolla imbarcato per la Libia (1940)


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Nel suo studio di Galle


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Noicàttaro. Chiesa Madre: somministrazione della Cresima al suo piccolo amico Lorenzo MAria Lasorella (prima metà di agosto 1958).


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Noicàttaro. Chiesa Madre: Sua Ecc. Mons. Nicola Laudadio mentre officia un basso pontificale (prima metà di agosto 1958).


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Mons. Laudadio ed i suoi rapporti con i prigionieri italiani deportati nelle Indie nel periodo intorno al secondo conflitto mondiale.

Gli Inglesi, nel liberare i territori coloniali italiani d'Africa, nel corso della seconda guerra mondiale, usavano trasferire i nostri soldati fatti prigionieri nei loro possedimenti coloniali dell'Asia.
Tra questi prigionieri vi era un soldato nojano della classe 1920 catturato in Libia, ivi appena sbarcato (1940): un certo Diciolla Giambattista, il quale fu subito deportato nell'isola di Ceylon, dove rimase fino al 1947, e rinchiuso in un campo di concentramento di prigionieri italiani a pochi km da Galle, dove in quel momento esercitava il ministero episcopale il nostro concittadino Mons. Nicola Laudadio.
A Noicàttaro il Diciolla era apprendista falegname nella bottega del sig. Giuseppe De Florio, conosciuto come Peppino Reginella, sita in Via Madre Chiesa, angolo Via Reginella.
Un giorno, ormai a guerra finita, fu preannunziata ai prigionieri del campo l visita ufficiale del Vescovo di Galle, di origine italiana.
Il giorno della visita, il Vescovo, mentre passava in rassegna i prigionieri italiani schierati in bell'ordine, secondo il costume militare inglese, venne casualmente riconosciuto dal fante Giambattista Diciolla come suo concittadino, che lo aveva visto a Noicàttaro nel 1935 in occasione della sua prima venuta da Vescovo.
Allora il Diciolla, mentre il Vescovo proseguiva il suo cammino, pregò vivamente il proprio Capitano di riferirgli che tra i soldati italiani schierati appena passati in rassegna c'era anche uno nativo del suo paese d'origine.
Accogliendo questa richiesta, il Capitano si avvicinò e comunicò al Vescovo, con discrezione, quanto il soldato Diciolla gli aveva rivelato.
A questa notizia, che gli procurò tanta gioia, ma subito contenuta per la circostanza, il Vescovo interruppe la sua passerella e chiese di essere condotto da quel soldato, che aveva detto di essere suo compaesano.
L'incontro con il suo giovane concittadino fu, come si può immaginare, un momento di grande emozione per entrambi.
L'ufficialità della visita non gli consentì di intrattenersi oltre, ma promise al suo concittadino che l'avrebbe fatto prelevare all'indomani da un suo parrocchiano per condurlo nel suo vescovado.
Il mattino dopo, infatti, come promesso, il soldato vide giungere al campo un uomo con due muli, uno dei quali doveva essere cavalcato da lui per raggiungere insieme a quello la città di Galle, dove era atteso da Mons. Laudadio.
Appena giunto in Vescovado, il Diciolla venne introdotto nello studio di Monsignore, che lo accolse con tutto l'affetto filiale, e così trascorsero insieme l'intera giornata parlando quasi esclusivamente della loro lontana cittadina natale, Noicàttaro, ricordando fatti, personaggi ed affetti a loro cari ivi lasciati.
Mons. Laudadio impose amorevolmente al suo amico interlocutore di conversare esclusivamente nella comune lingua madre: il nojano, tanto che, quando quest'ultimo inconsciamente, incappava in qualche espressione italiana, forse perché aveva un po' di soggezione per la sua veste vescovile, lo riprendeva animatamente battendo le mani sulla scrivania e lo invitava perentoriamente a non farsi suggestionare dalla sua personalità, ma a continuare solo in nojano , cioè alla paesana maniera.
Come ricordo di questo incontro, Mons. Laudadio diede al Diciolla due santini raffiguranti S. Antonio da Padova, di cui egli era molto devoto.

(Notizie raccolte ed elaborate da Marino Latrofa).


Altro episodio di rapporti con prigionieri italiani tradotti in campi di concentramento siti nella sterminata India è quello che fece stringere sempre di più l'amicizia con Mons. Laudadio, sia pure attraverso la limitatissima corrispondenza epistolare, con il maestro Angelo Lasorella, stimatissimo cittadino nojano.
Il maestro Lasorella, combattente in Grecia, poi in Cirenaica, venne fatto prigioniero dagli inglesi e tradotto in un campo di concentramento nella immensa India.
Mons. Laudadio tenne sempre viva la Fede in Dio del nostro concittadino, sia pure con le pochissime parole consentite per comunicare con lui.
Iddio volle che il maestro Lasorella, tornato a Noicàttaro dopo lunghissima prigionia, avesse la grande soddisfazione di vedere amministrare dalle di Lui mani il Sacramento della Cresima al suo caro figlio Lorenzo Maria (agosto 1958)
Nella successiva ed ultima venuta a Noicàttaro di Mons. (1962), l'amico Angelo fu tra i primi ad essergli accanto in segno di affettuosa riconoscenza per l'aiuto spirituale ricevuto durante la durissima e prolungata prigionia.

(Notizie fornite dalla sig.ra Maria Pignataro ved. Lasorella).